La foto qui a fianco sta girando in questi giorni e ritrae, come si può vedere, la Camera dei deputati semi vuota. Ciò che la rende d’interesse è quando è stata scattata, e cioè il 27 maggio, durante il dibattito precedente alla votazione (avvenuta il 28 maggio) per il recepimento della Convenzione di Istanbul contro la violenza nei confronti delle donne (consultabile qui). Al momento della votazione, però, tutti (o quasi) presenti però: 545 voti a favore su 545. Quando c’è da premere il pulsante e farsi belli davanti ai giornalisti, che così possono dire «approvato all’unanimità», tutti al proprio posto. Prima invece, quando era data la possibilità di discutere dell’argomento, e magari del fatto che ratificare una convenzione è un atto formale che dovrebbe avere delle conseguenze sostanziali, tutti a prendere il caffè (solo un centinaio i presenti).

La stessa presidente della Camera Laura Boldrini si è dispiaciuta per la scarsa partecipazione, sottolineando che si tratta di una «sfida culturale» per combattere una piaga che è «un orrore al quale non possiamo assuefarci». E nemmeno ai comportamenti deprecabili dei nostri politici possiamo assuefarci, come testimonia l’associazione Telefono Rosa, che ha commentato così: «Abbiamo anche assistito a uno sdegno generalizzato nei confronti degli ultimi femminicidi. E la morte atroce della giovanissima Fabiana non è che l’ultima aberrazione di una serie infinita». Per questo Telefono Rosa condanna «i parlamentari che abbiamo liberamente eletto e che non hanno partecipato». Anche Massimo Gramellini, nella sua rubrica per La Stampa, ha voluto commentare la cosa, ricollegandosi tra l’altro all’evidente disaffezione dalla politica dimostrata dalle basse affluenze delle ultime amministrative: «Se qualcuno volesse sapere perché le urne della politica sono sempre più vuote, gli basterebbe osservare le aule».

Detto questo, parliamo anche della Convenzione. Innanzitutto le note procedurali: per quanto riguarda l’Italia, il testo dovrà passare al vaglio del Senato per l’approvazione definitiva, ma a questo punto non si aspettano sorprese. Manca invece l’adesione di altri cinque Stati affinché il documento sia esecutivo. Al momento siamo infatti fermi a cinque (Italia, Montenegro, Albania, Turchia e Portogallo), mentre il limite da raggiungere è dieci. Obiettivo della Carta, si legge all’articolo 1 comma a, è «proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica». Inoltre, si prefigge di «contribuire ad eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi». A tal fine è prevista una serie di misure volte a garantire protezione e assistenza a favore delle vittime. In campo internazionale, si punta a promuovere la cooperazione per estirpare il problema alla radice, anche sostenendo organizzazioni e autorità incaricate di applicare la legge. Al capitolo III si parla di prevenzione, e si specifica che gli aderenti alla Convenzione si impegnano ad adottare «le misure necessarie per promuovere i cambiamenti nei comportamenti socio-culturali […], al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini». Un testo davvero completo, che dovrebbe porsi come punto di partenza per una legislazione specifica da parte degli Stati. Una cosa che si può già fare, ed è il nostro auspicio, anche senza aspettare l’adesione di altri cinque Stati.