cannabisDue interessanti proposte di legge stanno per essere presentate in Parlamento da altrettanti intergruppi in materia di gioco d’azzardo e cannabis. La prima propone l’abolizione totale della pubblicità dei «giochi con vincita in denaro», la seconda introduce alcune misure di legalizzazione della coltivazione e consumo per uso personale della cannabis. Sul gioco d’azzardo, il discorso non è diverso da altri tipi di fenomeni che possono sfociare in una malattia (in questo caso detta ludopatia).

Come già avviene per il tabacco, la proposta di legge vieterebbe di fare promozione per spingere al gioco, un’attività che, quando degenera, può costare caro: al singolo che cade nella trappola, ma anche alla collettività. Contrariamente a quanto accade normalmente nelle leggi italiane, dove l’italiano da Azzeccagarbugli del legislatore tende a rendere incomprensibili le intenzioni reali delle norme, questo caso rappresenta un esempio di chiarezza e sintesi. Due soli articoli, il cui testo riportiamo per intero: «Articolo 1. È vietata in modo assoluto qualsiasi forma di comunicazione commerciale, di pubblicità, di sponsorizzazione diretta e indiretta o di promozione di marchi o prodotti di giochi con vincite in denaro, offerti in reti di raccolta sia fisiche sia online. Articolo 2. La violazione del divieto è punita con la sanzione amministrativa di euro 200.000. La sanzione è irrogata al soggetto che commissiona la comunicazione commerciale, la pubblicità, la sponsorizzazione o la promozione, al soggetto che le effettua, nonché al proprietario del mezzo con il quale esse sono diffuse».

Già nel 2013 la Lombardia aveva compiuto alcuni timidi passi in questa direzione. Poi era saltato fuori chi, al Parlamento europeo, sosteneva che il divieto di pubblicità fosse un limite inaccettabile alla concorrenza. Questa proposta rappresenta un passo importante, ma non certo l’ultimo, in una campagna di sensibilizzazione che nel corso degli anni ha trovato sostenitori sempre più agguerriti. Certo, in un’ottica di atteggiamento moralizzatore dello Stato, come in questo caso, bisognerebbe chiedersi come mai non emerga con la stessa forza l’idea di vietare la pubblicizzazione degli alcolici, sempre proposti come status symbol per essere veramente cool, nonostante siano noti gli effetti devastanti che possono avere sui consumatori. Sia in senso diretto per le conseguenze date dall’abuso, sia in senso indiretto per i tanti incidenti causati da chi guida in stato di ebrezza.

L’altra proposta interessante di cui vogliamo parlare è quella sulla parziale legalizzazione della coltivazione e dell’uso della cannabis. Qui l’intergruppo ha cominciato la discussione a marzo di quest’anno, coinvolgendo un numero crescente di parlamentari, che ora sono 218. Su L’Espresso vengono descritti in sintesi i punti della proposta di legge: «Se dovesse arrivare ad approvazione, con una semplice comunicazione si potrebbe coltivare in casa fino a cinque piante, per uso personale e ricreativo. Se poi ci si costituisce in un Cannabis Social Club, con altri 50 consumatori, le piante potrebbero essere 250. Vietata, però, in questo caso, la vendita del raccolto. Per comprare ci si dovrebbe rivolgere a negozi dedicati e quindi a coltivatori autorizzati, forniti di licenza dei Monopoli. Comunque, potreste poter tenere fino a 15 grammi in casa e 5 in tasca, fuori di casa. Sempre vietata importazione ed esportazione. Facilitato l’uso terapeutico. Tutto ciò, ovviamente, solo per i maggiorenni, e mai in un luogo pubblico o aperto al pubblico. Neanche nei parchi, per intenderci, si potrà fumare».

È noto che gli esperimenti in questo senso hanno portato risultati positivi, con una diminuzione della spesa pubblica nella repressione, una riduzione del numero di tossicodipendenti e del numero di decessi legati all’abuso di sostanze stupefacenti (questo soprattutto per quanto riguarda il Portogallo, dove il possesso di cannabis è stato depenalizzato). Il guadagno è sia sociale, sia economico: in Colorado, dove la compravendita di cannabis è stata legalizzata il primo gennaio 2014, «il consumo tra gli studenti delle scuole superiori è leggermente calato – scrive La Stampa –, il commercio di droghe leggere e dei loro derivati come olii e alimenti ha totalizzato un giro d’affari legale di 700 milioni di dollari, con la creazione di 16mila posti di lavoro. I ricavi da tassazione sono stati di 76 milioni nel 2014 e supereranno i 90 quest’anno, reinvestiti in forze dell’ordine e nella costruzione di scuole». Si tratta insomma di un fenomeno che sempre più Paesi stanno affrontando con piglio pragmatico, piuttosto che ideologico. Forse sta arrivando per l’Italia il momento di fare lo stesso salto in avanti culturale?