La “galassia web” del governo italiano è composta da 240 siti internet, di cui 64 risultano inattivi. L’indagine è stata effettuata dal Sole 24 Ore, che ha messo in luce come la presenza su internet delle istituzioni sia quanto mai disordinata e inefficiente, nonostante le norme che dovrebbero regolamentare la messa online di questi siti. Quelli a più rapida obsolescenza sono quelli che avrebbero dovuto ospitare il cronoprogramma dei diversi governi che si sono susseguiti alla guida del Paese dal 2002 a oggi: «Risale al giugno 2005, sotto il terzo governo Berlusconi, la registrazione di attuazioneprogramma.gov.it (non più attivo).?Sempre la sua presidenza, ma nella legislatura successiva, ha battezzato il quasi omonimo attuazione.gov.it. A seguire si è preferito puntare su programmazioneconomica.gov.it, poi su programmagoverno.gov.it, riformeistituzionali.gov.it, riforme.gov.it, attuazioneriforme.gov.it e così via: tutti domini che fanno capo a Palazzo Chigi, ma non più accessibili. Fino al più recente passodopopasso.italia.it lanciato dal premier Matteo Renzi per scandire il countdown dei famosi “mille giorni” di riforme (che oggi, con 169 giorni già consumati alle spalle, ancora ospita in basso a destra nella homepage la scritta “versione beta”)».
A questo indirizzo è possibile consultare un’infografica interattiva con tutti i domini registrati. Si va da quelli ancora funzionanti, come quello di ExpoShangai2010 al Portale del federalismo fiscale. Tra i non più attivi, tra i tanti, il sito governativo sul piano carceri e una piattaforma per la lotta alla contraffazione. Ruderi digitali della burocrazia online, questi luoghi virtuali lasciano perplessi sulla reale capacità della pubblica amministrazione di offrire strumenti per semplificare la vita ai propri cittadini. Ricordiamo che ognuno di questi 240 siti ha richiesto l’impiego di persone che se ne occupassero, dalla progettazione grafica all’inserimento dei contenuti.
L’ultimo prodotto di questa brulicante attività, VeryBello!, è costato circa 35mila euro (e non ha ricevuto critiche molto incoraggianti). Immaginate un costo simile per tutti gli altri suoi predecessori. Una spesa non indifferente, che in molti casi (e parallelamente a strumenti molto utili) si risolve in trovate di breve durata e di scarsa utilità. A questo proposito, Michela Finzio, autrice dell’articolo che ha sollevato il problema, propone giustamente che si utilizzino e promuovano maggiormente le piattaforme già attive, piuttosto che inaugurarne continuamente di nuove, lasciando le altre a prendere polvere o duplicando i contenuti da un sito all’altro: «È accaduto pure con il tanto contestato Verybello.it, che promuove il calendario degli eventi culturali per Expo 2015: tra i domini già attivi non mancano spettacolodalvivo.beniculturali.it o culturaitalia.it, per poi finire con il noto italia.it che l’Agid (Agenzia per l’Italia digitale, ndr) promette di rilanciare (nato nel 2007, costato milioni e finora faticosamente aggiornato)».
Se la fase di lancio dei siti è sottoposta a un controllo piuttosto efficace in termini di qualità, i problemi si manifestano invece nel controllo sull’utilizzo del sito. «La registrazione del dominio impone il rispetto di alcuni requisiti di qualità – scrive il Sole –, oltre a quelli previsti per l’accessibilità dei disabili (ai sensi della legge 4/2004), e all’Agid spetta il monitoraggio. “La vita di questi portali, però, non è sottoposta a controlli molto efficaci”, afferma Emilio Simonetti, dirigente del servizio web della Funzione pubblica».
C’è poi tutta la retorica dei siti che dovrebbero raccogliere le segnalazioni dei cittadini sui settori più diversi del rapporto tra questi e le istituzioni. Sull’accessibilità dei contenuti web della pubblica amministrazione, prima è stato lanciato il portale accessibile.gov.it, poi confluito in pubbliaccesso.gov.it (“Sito in fase di aggiornamento”), che fa capo all’Agid. Ma, sorpresa, le modalità per inoltrare le segnalazioni sono così complicate che «le segnalazioni pervenute nel 2014 da parte dei cittadini sono esigue, “nell’ordine di poche decine”, come fa sapere la stessa Agenzia».