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Il decreto sullo svuotamento delle carceri, presentato al Consiglio dei ministri dalla titolare alla Giustizia Paola Severino ed emanato dal presidente Giorgio Napolitano il 22 dicembre 2011, ha superato il primo passaggio di conversione in legge, quello al Senato, il 25 gennaio. Passa ora all’esame della Camera, che dovrà approvarlo entro il 20 febbraio per evitare che il provvedimento decada.

Da queste pagine abbiamo denunciato diverse volte il problema del sovraffollamento delle carceri, che raramente trova spazio nei mezzi d’informazione. Un plauso quindi al ministro per averne parlato con toni accorati nella conferenza stampa che si è tenuta il 23 gennaio in occasione dell’inaugurazione del nuovo Palazzo di giustizia a Firenze.

Nello stesso giorno il ministro ha fatto visita ai detenuti del carcere di Sollicciano (quartiere periferico del capoluogo toscano, dove solo due settimane prima si era tolto la vita un detenuto). «Quello che si deve fare in una proiezione futura –ha dichiarato Severino- è mettere insieme una serie di forme alternative alla detenzione. Che rendano effettivo il principio per cui la detenzione deve essere veramente l’ultima spiaggia, da attivare quando le altre strade non si possono più percorrere. Un rovesciamento di proporzioni: è normale la misura alternativa al carcere, il carcere deve rappresentare una misura eccezionale, che come tale deve essere espressamente motivata».

Un principio del tutto condivisibile, che ci aspettiamo sia alla base dei futuri provvedimenti del Ministero. Le domande dei giornalisti, purtroppo, spesso tendono ad abbassare il profilo della discussione. In questo caso, la parola chiave riproposta al ministro è stata amnistia. Sinceramente non ci sembra la strada per uscire dal problema sovraffollamento (e anche Severino ne ha parlato in termini puramente ipotetici). Anche perché sarebbe un provvedimento d’emergenza, che quindi non avrebbe in sé una progettualità di riforma del sistema giudiziario e detentivo, bensì una soluzione immediata a un singolo fenomeno.

Ben più interessante la strada delle forme alternative di detenzione. Con questo decreto non siamo alla svolta, ma forse all’inizio di un percorso. I punti più importanti del testo sono due: l’estensione da 12 a 18 mesi della possibilità (già prevista da una norma varata nel 2010 dal precedente governo) di scontare a domicilio l’ultima parte della pena, e l’opportunità della custodia a domicilio per reati minori. Sono esclusi dai domiciliari gli arrestati per furto in appartamento, furto con strappo, rapina semplice ed estorsione semplice, per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza. Inoltre, la legge accoglie un emendamento che prevede la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari entro il 31 marzo 2013.

Nel prosieguo di questo cammino, da tenere in considerazione anche la proposta di legge bipartisan volta a favorire l’inserimento lavorativo dei detenuti, con agevolazioni fiscali per le aziende e un percorso di accreditamento per le cooperative. Tutto questo potrebbe aiutare a dare seguito alla constatazione del ministro Severino sulle attuali condizioni di detenzione in Italia: «Il carcere è, sì, un luogo di espiazione, ma che non deve perdere di vista i diritti dell’uomo. L’uomo in carcere è un uomo sofferente, che deve essere rispettato. Oggi invece il carcere è una tortura più di quanto non sia la detenzione, che deve portare invece alla rieducazione».