L’ultima volta che abbiamo parlato di carceri italiane eravamo nel mezzo di un agosto quanto mai rovente. Ad accendere l’atmosfera le difficili condizioni di vita dei detenuti, in particolare in alcune zone del Paese, sempre più vessati da problemi quotidiani quali l’impossibilità di mantenere un’igiene decorosa, e la carenza di cure psicologiche. Questioni collegate al problema più generale del sovraffollamento. A distanza di qualche mese, è possibile avere un’idea più precisa di come stanno le cose, leggendo l’ottavo Rapporto nazionale sulle condizioni di detenzione, “Le prigioni malate” (Edizioni dell’Asino 2011, cliccando qui se ne può leggere la sintesi), redatto dall’associazione Antigone.
Un dato su tutti: al 30 settembre erano 67.428 le persone in carcere, contro una capacità di accoglienza complessiva di 45.817 posti. Mille in meno dell’anno scorso, ma sempre troppe, anche considerando che la legge “svuotacarceri”, approvata a dicembre 2010, ha nel frattempo messo in libertà 3.500 persone. «L’anomalia italiana si chiama legge sulle droghe –spiega Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione-, si chiamava e si chiama ancora legge sull’immigrazione e si chiama carcerazione preventiva. A tutto questo si aggiunge anche il gap che si sta tentando di colmare dell’edilizia penitenziaria. Perché il vero problema è la sottoutilizzazione del sistema penitenziario». Come di consueto siamo il Paese dei paradossi, con carceri sovraffollate e strutture pronte all’uso lasciate in stato di abbandono.
Scorrendo il Rapporto si scopre che ad Accadia (Foggia) sorge un penitenziario consegnato nel 1993, di proprietà del Comune e mai utilizzato; ad Agrigento ci sono solo sei detenute per i cento posti della sezione femminile; a Maglie (Lecce) una struttura è solo parzialmente utilizzata per ospitare detenuti semi-liberi, con enormi sprechi di personale, mentre a Cropani (Catanzaro) ce n’è una occupata solo da un custode comunale. Ma non solo Sud: a Gorizia risulta inagibile un intero piano dell’istituto carcerario e non sono stati programmati i lavori; a Revere (Mantova), dopo vent’anni dall’inizio dei lavori di costruzione, il carcere (capienza di 90 detenuti, costo stimato 5 miliardi di lire) è ancora incompleto, i lavori sono fermi dal 2000 e i locali, costati più di 2,5 milioni di euro, sono già stati saccheggiati. Insomma i problemi ci sono, ma facciamo sempre il possibile per complicarli.
Tra le cause indicate da Gonnella, dicevamo, quello del carcere preventivo. In questo, l’Italia rappresenta un’anomalia rispetto agli altri Paesi europei. «Al primo settembre 2009 in Italia il 50,7 per cento dei detenuti non aveva una sentenza definitiva, contro il 23,5 dei detenuti in Francia, il 16,2 in Germania, il 20,8 in Spagna e il 16,7 nel Regno Unito. Allo stesso modo, “il giro di vite sulle droghe ha avuto sul sistema penitenziario un impatto fortissimo”, ha affermato Gonnella: sempre alla data di riferimento del primo settembre 2009, infatti, nel nostro Paese la percentuale di persone condannate per reati previsti dalla legge sulle droghe si attestava al 36,9 per cento, molto più alta rispetto alla media europea (in Spagna, ad esempio, la stessa percentuale era del 26,2, mentre in Francia del 14,5). Per quanto riguarda invece l’applicazione di misure alternative al carcere, nel 2009 in Italia hanno iniziato a scontarle 13.383 detenuti, contro i circa 120 mila della Germania o le 197.101 persone solo in Inghilterra e Galles».