Nel 2015, l’ONU aveva stabilito una lista di 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (ne avevamo parlato qui), da raggiungere entro il 2030 al fine di garantire la fine della povertà nel mondo, oltre al raggiungimento dell’uguaglianza sociale e ambientale.
Abbiamo però ormai superato la metà del tempo che i paesi firmatari si erano dati per raggiungere quegli Obiettivi (e i 169 target di cui si compongono), ed è quindi bene fare il punto. Ci viene in aiuto Nature, che ha iniziato a pubblicare una serie di editoriali sul tema, anche con l’obiettivo di spingere la ricerca scientifica a dare il proprio contributo. Il primo dato da commentare non è particolarmente confortante. Secondo Nature, infatti, allo stato attuale sembra probabile che nessuno degli obiettivi, e solo il 12% dei target, saranno raggiunti. A settembre i leader mondiali si riuniranno quindi a New York per elaborare un piano d’emergenza.
Secondo Nature, i tentativi di lavorare al raggiungimento degli Obiettivi non sono mancati. In tutto il mondo, i ricercatori hanno dato il proprio contributo e ci sono stati sforzi a livello internazionale, tra cui le convenzioni ONU sul cambiamento climatico e sulla perdita di biodiversità. Purtroppo, la congiuntura geopolitica attuale ostacola la cooperazione. Inoltre, il coordinamento tra i vari temi e le varie discipline è limitato.
Qualche settimana fa, spiega Nature, un gruppo indipendente di consulenti scientifici delle Nazioni Unite ha proposto una strada da seguire. Il Rapporto sullo Sviluppo Sostenibile Globale del 2023 illustra dove gli Obiettivi stanno fallendo e cosa si può fare per recuperare. Esso ribadisce la necessità di un cambiamento per portare il mondo sulla strada della sostenibilità e riconosce inoltre l’interconnessione tra gli obiettivi e i traguardi.
Per progredire sul fronte del benessere umano, ad esempio, il rapporto raccomanda di aumentare gli investimenti nell’assistenza sanitaria di base e di garantire l’accesso agli interventi salvavita, di accelerare l’iscrizione all’istruzione secondaria e di aumentare gli investimenti nelle infrastrutture idriche e igienico-sanitarie.
Gli autori riconoscono che il percorso verso la sostenibilità deve includere anche l’abolizione delle pratiche non sostenibili, tenendo conto del danno economico e sociale che ciò può causare. Ad esempio, aumentare la disponibilità di energia rinnovabile non basterà di per sé ad affrontare il cambiamento climatico: è necessario eliminare gradualmente anche il ricorso ai combustibili fossili. Si riscontra però una resistenza a questo passaggio, riconoscendo la necessità di sostenere le comunità che hanno fatto affidamento sull’industria del carbone per decenni.
Secondo Nature il Report rappresenta un passo avanti non solo sul “cosa” fare per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, ma anche sul “come” farlo. Gli autori affermano che le trasformazioni necessarie saranno costose e richiederanno investimenti pubblici e privati aggiuntivi fino a 2.500 miliardi di dollari all’anno. Saranno necessari nuovi modi di governare il cambiamento, la creazione di nuove istituzioni e la riforma di quelle esistenti per mettere la sostenibilità in primo piano.
Il rapporto sostiene che le azioni che guidano il mondo verso un percorso sostenibile devono essere basate su una scienza che sia multidisciplinare, equa e inclusiva, condivisa, affidabile, e “socialmente solida”: che risponda cioè al contesto e alle esigenze sociali. Come riconoscono gli autori, perché ciò accada, la scienza globale deve evolversi. La conoscenza deve essere più accessibile e anche la produzione di tale sapere deve essere più aperta, riconoscendo, ad esempio, il valore delle conoscenze indigene e locali per l’innovazione sostenibile.
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