A settembre del 2000, la Dichiarazione del millennio delle Nazioni unite ha elencato otto obiettivi, ambiziosi quanto nobili, che l’organizzazione internazionale si prefiggeva di raggiungere entro il 2015. Siamo vicini a quella data ormai, e il mensile Vita ha fatto il punto della situazione su cosa è stato fatto e cosa no (e cosa solo in parte). Ecco il riassunto pubblicato sul sito del giornale:
«1. Sradicare fame e povertà estrema: parzialmente centrato. L’obiettivo di dimezzare la percentuale di persone con reddito inferiore a 1,25 dollari al giorno è stato centrato nel 2010. Tuttavia, ancora 1,2 miliardi di persone vivono in estrema povertà. Inoltre non si è riusciti a dimezzare la percentuale di persone che soffrono la fame, anche se secondo l’Onu questo obiettivo sarà raggiunto entro la fine del 2015. A livello globale, sono ancora 842 milioni gli affamati. 2. Raggiungere l’istruzione primaria per tutti: non centrato. Nel 2012 questa percentuale era al 90%. 3. Promuovere la parità di genere e il women empowerement: parzialmente centrato. Secondo l’Onu il mondo ha raggiunto la parità di genere nell’istruzione primaria, ma non negli altri livelli di istruzione. Inoltre la partecipazione delle donne alla vita politica continua a crescere: i paesi in cui più del 30 per cento dei membri del Parlamento sono donne è arrivato a 46 (dati 2014). 4. Ridurre di due terzi la mortalità infantile: centrato. Nonostante la crescita della popolazione mondiale, il numero di morti di bambini sotto i 5 anni nel mondo è diminuita del 50 per cento, passando dai 12,6 milioni del 1990 ai 6,6 milioni del 2012. 5. Migliorare la salute materna: non centrato. L’obiettivo parlava di una riduzione di tre quarti della mortalità materna, mentre il calo è stato solo del 45 per cento. Altro obiettivo era raggiungere l’accesso universale ai servizi di salute riproduttiva, mentre si è passati dal 65% del 1990 all’83% del 2012. 6. Combattere l’Hiv-Aids, la malaria e altre malattie: centrato. I nuovi casi di Hiv-Aids sono calati del 44 per cento dal 2001 al 2012, e nello stesso periodo la mortalità per malaria è diminuita del 42 per cento. 7. Assicurare la sostenibilità ambientale: parzialmente centrato. Anche se l’utilizzo di sostanze che fanno aumentare il buco nell’ozono è calato del 98 per cento, le emissioni globali di diossido di carbonio sono aumentate di oltre il 50 per cento da 1990. E sebbene la deforestazione sia diminuita (dai 8,3 milioni di ettari disboscati del 1990 si è arrivati a 5,2 nel 2010), rimane ancora molto alta. Bene invece l’obiettivo di dimezzare la percentuale di popolazione senza accesso ad acqua potabile, raggiunto nel 2010. 8. Un’alleanza mondiale per lo sviluppo: parzialmente centrato. Anche se i fondi globali di aiuto allo sviluppo hanno toccato la cifra record di 134,8 miliardi di dollari nel 2013, è calato del 5,6 per cento l’aiuto bilaterale verso l’Africa, il continente più povero del mondo. Il fardello del debito dei paesi poveri rimane stabile, mentre si è ridotto significativamente il digital divide: due terzi degli utilizzatori di internet risiede nelle nazioni in via di sviluppo, e il loro numero è raddoppiato dal 2009 al 2014».
Il problema di questi obiettivi “simbolici” (per quanto concreti) di medio-lungo termine è che sono soggetti a rapida obsolescenza. Una volta risolti (almeno parzialmente, come quasi tutti), altre questioni globali si accavallano e chiedono attenzione e risorse per essere affrontate. A malattie non ancora debellate completamente come Hiv/Aids e malaria si è aggiunta nelle scorse settimane l’epidemia di ebola che sta mettendo in ginocchio alcuni Paesi dell’Africa occidentale (al 18 agosto, secondo l’Internazionale, le vittime erano 1.350).
Da Oriente spirano venti di guerra che potrebbero prima o poi avvicinarsi anche ai confini dell’Europa. Anzi, ci sono dentro, come insegna il caso dell’Ucraina. Ma in guerra c’è già anche l’Italia, a livello di fornitura di armi alle parti in gioco e di appoggio alle forze Nato e Onu che stanno compiendo azioni di controllo nei territori critici. Secondo il Global peace index 2014, «un rapporto dettagliato che prende in esame 162 nazioni e il loro tasso di violenza e militarizzazione, compiuto dall’Institute for Economics and Peace», sono solo 11 gli Stati al mondo del tutto estranei a qualsiasi coinvolgimento in scontri bellici, e tra questi non compare l’Italia. Il nostro Paese si piazza solo 34esimo nella classifica della pace.