Mentre riaprivano le attività, e da oggi i confini tra regioni, molti italiani si sono abituati a ordinare cibo a domicilio. Nonostante sia di nuovo possibile consumare cibo e bevande direttamente nei ristoranti e nelle pizzerie, la consegna a domicilio o l’asporto sono modalità ancora molto utilizzate, e probabilmente lo saranno per molto tempo. Da un lato contribuisce l’insicurezza nel passare molto tempo in luoghi frequentati da altre persone (soprattutto se al chiuso), dall’altro il fatto che a causa delle misure di sicurezza i posti disponibili sono molti meno di prima, e tendono a riempirsi in fretta. Consumare a casa le pietanze ordinate resta quindi la soluzione su cui molti convergono. Ma anche qui le insicurezze non mancano: quanto è sicuro entrare a contatto con chi fa le consegne? Ci si può infettare attraverso il packaging in cui viene messo il cibo? Il New York Times, ancora una volta, ha posto queste e altre domande a persone esperte, e ha provato a dare delle risposte.
Consegna a domicilio o ritiro sul posto?
«Ci sono pochissime prove circa la trasmissione del coronavirus attraverso le superfici, e nessuna prova che il virus si trasmetta attraverso il cibo», ha spiegato Donald Schaffner, esperto di scienza alimentare alla Rutgers University. La cosa fondamentale, quindi, è scegliere la modalità che preveda il minore contatto possibile con altre persone. Sia la consegna a domicilio che l’asporto comportano molti meno rischi rispetto a mangiare fuori. Tra i due, la consegna a domicilio è forse leggermente più sicura perché, pagando in anticipo, il contatto con chi fa le consegne è minimo. Se il servizio non è disponibile, il ritiro sul posto è comunque relativamente sicuro. L’unico problema, soprattutto se si sceglie un locale molto richiesto, è di ritrovarsi in mezzo a molte altre persone in attesa per la consegna del proprio ordine. Anche in questo caso, se possibile, meglio pagare in anticipo, in modo da ridurre al minimo la permanenza dentro il locale.
Quanto è rischioso il packaging?
Il rischio di contagiarsi attraverso il packaging è piuttosto basso, secondo quanto scrive il NYT. Nonostante il virus possa rimanere attivo sulle superfici a lungo, le vie attraverso cui si trasmette più facilmente sono altre. Se anche il virus finisse sul contenitore del cibo, le possibilità che resti attivo fino al suo arrivo a casa sono «eccezionalmente basse», ha detto Paula Cannon, docente di immunologia. Se proprio non si è tranquilli, il consiglio è di disinfettare il contenitore, liberarsi del sacchetto, lavarsi le mani e poi trasferire il cibo su un piatto prima di consumarlo. Talvolta le portate vengono consegnate con tovaglioli e posate usa e getta. Se possibile, meglio farne a meno e servirsi dei propri utensili da cucina.
Cosa ordinare?
In poche parole, qualsiasi cosa. Come scrivevamo prima, sembra che il virus non si trasmetta attraverso il cibo. I rischi risiedono principalmente nelle interazioni con altre persone, non nel cibo. Se proprio le preoccupazioni vincono qualunque rassicurazione, si può riscaldare il cibo prima di consumarlo. Un ambiente umido favorisce la persistenza attiva del coronavirus, quindi riscaldare il cibo toglie umidità e quindi anche eventuali rischi (comunque trascurabili).
Di cosa preoccuparsi quindi?
Il consiglio del NYT è di preoccuparsi innanzitutto della salute dei lavoratori: assicurarsi che lavorino con le giuste protezioni e che siano regolarmente pagati. Se il loro contratto prevede la copertura della malattia, i rider non saranno portati a fare consegne anche quando non si sentono bene. Certo le modalità di pagamento della cosiddetta gig economy non sono il massimo da questo punto di vista. Ma informarsi è un modo per fare scelte in maniera più consapevole e critica.
(Foto di Kai Pilger su Unsplash)