Sono passati cinquant’anni da quando l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato l’Italia libera dalla malaria: Gilberto Corbellini su Scienza in Rete ripercorre la storia della lotta alla malattia nel nostro Paese, per spiegare cosa può insegnare ai piani di eradicazione mondiali.
L’Italia fu ufficialmente dichiarata libera da malaria dall’OMS il 17 novembre 1970. Una malattia antica come l’uomo era stata sconfitta dalla ricerca, dalle misure sanitarie e dallo sviluppo economico e sociale in una regione dove circolava da circa 2500 anni.
La malaria in Italia: antefatti
La malaria era presente stabilmente in Italia almeno dal II secolo a. C. La sua storia naturale è stata condizionata per circa due millenni dalle fluttuazioni climatiche, dall’idrografia, dai disboscamenti, dal latifondo e dalle vicende belliche, che influenzavano la geografia ecologica e la densità dei vettori. In Italia, lo si era capito all’alba dell’età moderna, erano soprattutto le paludi retrodunali dei litorali del Veneto, del Centro e Sud Italia e delle Isole a sostenere la riproduzione dei vettori e, quindi, la trasmissione della malattia. La storia ecologico-sanitaria dell’infezione poté essere spiegata dopo la descrizione dei plasmodi e della loro biologia (1880-1900), la dimostrazione del meccanismo di trasmissione (1897-98) e la scoperta del complesso (maculipennis) di specie di zanzare gemelle allo stato adulto ma con diverse capacità vettrici (1926-1933).
La malaria in Italia era un “colosso coi piedi di argilla”, secondo lo zoologo e scopritore del meccanismo di trasmissione Battista Grassi, in quanto era stagionale, dipendeva da ecosistemi modificabili dall’intervento umano, come le paludi e le condizioni abitative, e dall’intervento medico, per cui era possibili sradicarla o vederla scomparire a seguito del progresso economico e sociale.
Circa ventimila decessi all’anno, con una stima due milioni di casi clinici, erano registrati con la prima statistica sanitaria del 1887, che fotografava un paese con oltre un terzo della sua superficie (2.000 Comuni su 8.632) flagellato con diverse intensità da tre parassiti malarici (vivax, falciparum e malariae). L’impatto epidemiologico scendeva in un decennio di sette volte. Non per merito della medicina, ma per i miglioramenti degli ecosistemi agricoli e per il crollo sul mercato olandese del prezzo della chinina, un trattamento di cui era nota l’efficacia terapeutica dai primi anni del Settecento.