Di fronte al disastro provocato dall’alluvione dei giorni scorsi in Liguria e Toscana, affiorano alla mente tanti pensieri. Su tutti il dolore per le persone che se ne sono andate e per le loro famiglie, seguito dal rammarico per paesaggi urbani e naturali violentati dalla furia dell’acqua. Ma al dolore si somma la rabbia di sapere che queste morti si potevano evitare. Come? Con la manutenzione dei fiumi, ponendo limiti più seri alla cementificazione, tutte attività che, come fa notare Mario Ranucci, cittadino di Monterosso, all’inviato del Fatto quotidiano (mentre annaspa nel fango che ricopre il suo paese), costano soldi e non portano voti (dall’edizione di ieri, pag. 9). «E qualcuno ricorda -prosegue l’articolo- gli annunci del sindaco di Brugnato, Claudio Galante, appena un anno fa: “Il comune ha realizzato opere di messa in sicurezza, definitive e risolutive di ogni emergenza”». A guardare questo video, pare che gli interventi più imponenti siano stati quelli delle acque, dirottate in paese da fiumi intasati da tronchi d’albero, con effetti, questi sì, “definitivi e risolutivi”. «La stessa amministrazione (Lega) -informa Ferruccio Sansa nel suo articolo- ha varato il progetto per un contestatissimo outlet. Altro cemento, che impermeabilizza il terreno e fa correre l’acqua. Proprio dove oggi ha invaso tutto. Ecco, il cemento, in Liguria amato da centrosinistra e centrodestra». Una questione che mette d’accordo tutti. Ed è franata anche una parte della scogliera di Corniglia, su cui sorgerà il villaggio Europa, «di Franco Bonanini (vicino al Pd), coinvolto nello scandalo del Parco di cui era presidente. “E pensare che questa zona sulle mappe era segnata a rischio frana, è bastato un tratto di penna e il pericolo è sparito“, racconta l’ambientalista Claudio Frigerio».
Ci siamo già dimenticati del disastro siciliano di poco più di due anni fa, quando il primo ottobre 2009 un’alluvione si portò via il paesino di Giampilieri (Messina), e le sue case regolarmente costruite sul letto del fiume. L’acqua, prima o poi, passa a riprendersi ciò che l’uomo le ha tolto, ma nel Paese delle emergenze il buon senso quotidiano è bandito. (Tra l’altro, per un’infausta coincidenza, un paio di giorni prima di quest’ultimo disastro, il 24 ottobre, il Corriere pubblicava la notizia che «i 160 milioni di euro destinati ai villaggi colpiti dall’alluvione del 2009 e ai paesi dei Nebrodi sono bloccati perché l’ultima ordinanza di protezione civile firmata dal premier Berlusconi è sbagliata»). «Spesso gli esperti lanciano allarmi. Inascoltati -scriveva ieri Virginia Piccolillo sul Corriere, pag. 17-. Il professor Giovanni Seminara, accademico dei Lincei, ordinario di Meccanica dei fluidi e idraulica fluviale, rimpiange il “gruppo catastrofi idrogeologiche previsto dalla legge Zamberletti ma dismesso non so perché da Guido Bertolaso, dove i massimi esperti offrivano alla Protezione civile il necessario contributo scientifico per la prevenzione”. Lui ha dedicato uno studio proprio ai fiumi liguri e al Magra. E ha spiegato ai sindaci che “l’antropizzazione eccessiva impedisce al fiume di fare ciò che vorrebbe quando simili masse d’acqua causano la piena: esondare”». La colpa, insomma, non è della natura ma della politica. «Se [questa] fosse lungimirante dovrebbe lasciare fasce fluviali libere, con argini distanti dall’alveo, come le ha il Po. Ma magari le aree sono di qualcuno che non si vuole scontentare. Allora o si costruiscono argini alti, ma i Comuni non li gradiscono, o c’è un’unica soluzione che qui avrebbe aiutato moltissimo: lo scolmatore. Un canale che cattura una parte dell’acqua della piena e la porta a mare. Dragare il fiume, abbiamo dimostrato, non sarebbe servito a nulla”. Risultato? I sindaci liguri continuano a invocare di dragare il fiume».
Insomma, le risposte ai problemi ci sono, geologi e scienziati sanno dirci quali sono gli interventi da attuare per evitare disastri del genere, programmando le attività e potendo quindi gestire una pianificazione dei fondi necessari. E invece no, siamo sempre qui ad aspettare che “ci scappi il morto”, come piace dire ai nostri politici, per poi gestire l’emergenza, e visto che la memoria collettiva tende a essere corta, magari a ricordarcela metteranno una nuova accisa sulla benzina.