di Federico Caruso

Nel 2014, uno studio della Cornell University ringraziava tutte le persone che, con il loro aiuto, stavano rendendo possibile l’avanzamento di una serie di ricerche scientifiche. «Questo articolo – scriveva l’autrice principale, la ricercatrice Caren Cooper  – è l’occasione per dire grazie alle tante persone che sono citizen scientist. Costoro sono parte del processo di creazione di nuova conoscenza. Che si tratti di catalogare uccelli, farfalle, gazzelle o galassie, devono sapere che le loro osservazioni fanno realmente la differenza nella scienza». Secondo lo studio in questione, in alcuni casi i citizen scientist arrivano a contribuire per il 77 per cento dei dati raccolti, soprattutto per quanto riguarda le ricerche in campo ornitologico e sull’emergenza climatica.

Chi sono i citizen scientist

Letteralmente la citizen science è “la scienza dei cittadini”, e coloro che vi partecipano sono appunto citizen scientist. Ma non si tratta di scienza fatta in casa. Il supporto delle persone è infatti relativo alla raccolta dati per ricerche scientifiche. Non ha infatti senso (e spesso non è proprio possibile) per un team di ricerca imbarcarsi in raccolte di dati poderose (e onerose) con mezzi propri. Il mondo è pieno di persone che praticano hobby come il bird watching o si interessano di astronomia, o altro. Così si chiede loro, su base volontaria, di contribuire alla ricerca con foto, rilevazioni e informazioni di ogni genere. Come si può vedere da questa pagina del National Geographic, gli ambiti di ricerca in cui è coinvolta la citizen science sono molto vari. C’è il progetto Globe at Night, con cui si documenta l’inquinamento luminoso delle città; molti riguardano appunto il conteggio e la catalogazione di uccelli; ma ce n’è anche uno che chiede di registrare il verso di diverse specie di rane, o di monitorare lo sbiancamento della barriera corallina. Tutte queste iniziative, come ci ha spiegato durante una conferenza Tim Woods, di Ecsa (European citizen science association), hanno una ricaduta positiva importante: spingono le persone a interessarsi (e a capire meglio) problemi dai quali normalmente sarebbero distanti. I progetti sul cambiamento climatico, su tutti, sono quelli dove si nota più spesso il passaggio da un atteggiamento fatalista e di disimpegno a una condizione maggiormente consapevole e partecipata.

Come accreditare i citizen scientist?

Il mondo della scienza si sta interrogando su come rendere più visibile e ufficiale la partecipazione dei citizen scientist all’interno delle ricerche. Cosmos riporta che alcuni autori hanno scritto che i cambiamenti tecnologici hanno portato anche i non professionisti ad assumere un ruolo maggiore rispetto a un tempo nel lavoro scientifico. Membri del pubblico sono diventati collaboratori fondamentali per la ricerca. Come si fa ad accreditare il loro apporto? Un problema è legato alle linee guida per le pubblicazioni scientifiche, che impongono che gli autori elencati debbano avere dato “un contributo fondamentale” anche in fase di progettazione. Questo non è il caso dei citizen science. Eppure, in molti casi le ricerche non sarebbero andate da nessuna parte senza di loro. Una delle proposte è prevedere la categoria “gruppi di co-autori”. Una soluzione che risolverebbe il problema, ma ancora discussa. In ogni caso, bisogna prendere atto del fatto che la ricerca è cambiata molto nel corso degli ultimi anni, e i cambiamenti andrebbero celebrati piuttosto che soffocati.

(Photo by Martin Sattler on Unsplash)