Quanto accaduto a Colonia la notte di capodanno è un fatto assolutamente ripugnante. Quasi altrettanto lo sono però certe interpretazioni dell’accaduto (o di sue improbabili ricostruzioni) da parte di xenofobi e difensori delle “nostre donne” (sic). Prima di tutto un necessario spoiler, come si scrive ultimamente in testa alle recensioni cinematografiche che contengono elementi che potrebbero rovinare la visione del film: in questo articolo non giustificheremo, né minimizzeremo, fosse anche lontanamente, la gravità delle molestie compiute. Si è trattato di un gruppo probabilmente organizzato di uomini, probabilmente (secondo quanto dichiarato finora dai testimoni) composto in prevalenza da persone di «pelle scura», che a un certo punto della notte di capodanno si è diviso in ulteriori piccoli sotto-gruppi e ha cominciato a molestare verbalmente e fisicamente le donne che passavano per la stazione di Colonia, approfittando del subbuglio creato dai festeggiamenti e sfruttando l’“effetto sorpresa” che ha messo in difficoltà la polizia locale.

Da subito i commenti e le analisi si sono soffermate sulla “pelle scura” degli aggressori, creando un immediato collegamento tra le loro presunte origini “arabe” (peraltro si è parlato soprattutto di persone di origine turca e iraniana, quindi non arabi), o comunque riconducibili a Paesi in cui non vi è una cultura di rispetto della donna da parte degli uomini, bensì di sottomissione e possesso. È una questione delicata, e la prima cosa da non fare è quella che sempre si fa in questi casi (soprattutto sui media, così come nelle chiacchiere “da bar”): semplificare. Un conto è dire che l’alto e improvviso numero di persone immigrate da Paesi con una idea del rapporto tra uomo e donna molto diversa da quella Europea è un fenomeno che va affrontato; altra cosa è però affermare che stiamo assistendo a orde di invasori impegnate a “importare” in Occidente cose da noi mai viste come la violenza, la molestia, lo stupro. Purtroppo queste cose si conoscevano da molto prima, e non sono questioni per nulla estranee al mondo “occidentale”.

Maurizio Molinari, nel suo primo editoriale da direttore della Stampa, si è lanciato in una pericolosa lettura storica di quanto accaduto: «L’assalto di gruppo alle donne di Colonia è un atto tribale che si origina dall’implosione degli Stati arabi in Nordafrica e Medio Oriente. Il domino di disintegrazione di queste nazioni fa riemergere tribù e clan come elementi di aggregazione, esaltando forme primordiali di violenza. Regimi, governi ed eserciti si dissolvono e vengono sostituiti da capo-villaggio, assemblee tribali, milizie». Come scrive il collettivo Wu Ming in un post che analizza e smonta pezzo per pezzo le tesi di Molinari, «Bisogna tenersi alla larga da tutte quelle “spiegazioni” nelle quali la cultura viene descritta come una parte del corpo, qualcosa che le persone “hanno” e “si portano dietro”, e non una valigia che ognuno “fa” e “si costruisce” mentre cammina per il mondo». Pur condividendo quest’ultima affermazione, non si può ignorare che un consistente spostamento di persone tra luoghi diversissimi del pianeta è un processo che va “accompagnato” da opportune politiche di armonizzazione tra culture diverse.

In Norvegia sono stati avviati dei corsi in cui si spiegano ai migranti maschi i codici sociali che regolano i rapporti tra uomo e donna in Europa. «Gli incontri sono volontari, costruiti come discussioni libere con un supervisore. C’è anche un manuale a disposizione, che parte con lo spiegare una semplice regola: forzare qualcuno a fare sesso non è consentito in Norvegia, anche quando si è sposati a quella persona. Viene affrontata la questione delle differenze religiose, spiegando che in Norvegia “non è la religione che guida le leggi” e che qualsiasi sia la fede di una persona, quella persona deve rispettare le regole e le leggi del paese. Si parla di ‘onore’, del fatto cioè che quello che è considerato onorevole in alcune culture è punibile e illegale in altri paesi d’Europa, e si insegnano a leggere correttamente i segnali sociali che potrebbero essere fraintesi (una donna libera non è una donna a disposizione, innanzitutto)».

L’unica cosa da non fare, in ogni caso, è nascondersi dietro alla falsa convinzione che siano soprattutto gli immigrati a delinquere, in particolare con atti di molestia e violenza contro le donne. Sono proprio queste ultime a dirlo: «La responsabile di un centro anti-stupro di Colonia intervistata da BBC ha precisato che la violenza sessuale è un problema che riguarda gli uomini di qualsiasi origine e che i dati più recenti sulla violenza di genere in Germania mostrano come la maggioranza delle persone che commettono reati sessuali non siano dei migranti: in due terzi dei casi l’autore è noto alla vittima». La cosa non è diversa in Svezia, altro Paese che si è sempre distinto per le sue politiche d’accoglienza: «Susanna Udvardi, che dirige un “Rifugio delle donne” nella Scania, la contea più meridionale della Svezia, e che lavora per l’integrazione dei rifugiati, ha ricordato, come molte altre pensatrici e femministe sui fatti di Colonia, che il sessismo e le violenze sono “ben lontane dall’essere appannaggio degli uomini immigrati dal Medio Oriente. Sono costernata da quanto semplicistico sia diventato il clima del dibattito in Svezia. La maggior parte dei rifugiati ha un enorme rispetto per le donne”». Cara Udvardi, sapesse a che punto è il dibattito in Italia.

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