Rispetto alla pandemia, ancora non sappiamo quali strategie preventive saranno messe in campo per il prossimo autunno. Per quanto abbiamo imparato dall’inizio della pandemia, insomma, la risposta in termini di sanità pubblica è simile a quella pre-pandemica: stare a vedere che cosa succede. L’articolo di Scienza in Rete.

A due anni e mezzo dall’inizio della pandemia, ci troviamo in questi giorni a discutere se sia finita e se siamo approdati, finalmente, in condizione di endemia. Si disquisisce accademicamente sull’andamento del R0 sopra o sotto il valore di 1, ma la vita quotidiana è ancora lontana dalla normalità del convivere senza paure e in condizioni difensive attive, efficaci e condivise da tutti. E infatti c’è anche chi parla ormai esplicitamente di nuova ondata, estiva questa volta. Disponiamo di vaccini sicuri ed efficaci nel breve periodo dalla somministrazione per una infezione che non è stagionale come l’influenza, ma con picchi di contagio associati alla diffusibilità delle varianti del virus. A tutt’oggi non è stato condotto nessun trial comparativo tra i 28 vaccini utilizzati nel mondo. I criteri di scelta sono stati sinora quelli della opportunità di produrli, di acquistarli, di riceverli gratuitamente nell’ambito di accordi politici.

Meno del 14% delle persone che vivono in paesi a basso reddito ha avuto accesso ad almeno una somministrazione di vaccino; soprattutto, solo un operatore sanitario su quattro nei paesi africani più poveri ha completato la vaccinazione, come ci ricordano Guido Forni e Alberto Mantovani del rapporto recentemente realizzato per l’Accademia dei Lincei. Il che, come sappiamo, lascia ampie possibilità che si selezionino nuove varianti di SARS-CoV-2.

Lo stato immunologico della popolazione contro Covid-19 è complesso perché costituito in maggioranza dai vaccinati contro il virus iniziale (Wuhan), da alcuni vaccinati con i nuovi vaccini, da altri che hanno acquisito un’immunità dalla malattia causata dalle varianti Delta e Omicron. In un momento in cui la variante Omicron 5 rappresenta la causa principale delle nuove infezioni, in Italia solo il 40% degli immunocompromessi e il 19,2% degli anziani ultraottantenni ha ricevuto la seconda dose booster (la cosiddetta quarta dose) come indicato dal Ministero della Salute. Booster fatto, peraltro, con i vaccini disegnati sul virus di Wuhan e quindi con un risultato di protezione incerto.

Ci si interroga se stimolare la risposta immunitaria nei confronti di un virus ormai non più circolante non possa pregiudicare l’efficacia di un futuro, atteso, vaccino adattato nei confronti di Omicron. Infatti, immunizzando con varianti di un antigene già conosciuto in precedenza dal sistema immunitario è possibile che si inducano preferenzialmente risposte contro l’antigene originale (il cosiddetto “peccato originale antigenico”).

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(Immagine di Arek Socha su Pixabay)

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