Chi è vegetariano o vegano sa bene quanto sia facile provocare fastidio nelle altre persone se si insiste troppo sulla questione morale alla base della propria scelta. Allo stesso modo, chi non lo è ha probabilmente ben presente quella sensazione sgradevole che può provare chi si trova dall’altra parte, quando l’incoerenza delle proprie scelte viene messa a nudo. Talvolta ne nascono diverbi, altre volte conversazioni costruttive. In ogni caso, secondo diversi psicologi consultati dall’Atlantic, è un confronto sempre positivo. La cosa da migliorare è la strategia comunicativa di chi incarna e propone scelte più consapevoli, sull’alimentazione come su qualunque altro aspetto della vita.

«La sanzione morale può essere un ingrediente necessario per ottenere un cambiamento sociale proprio perché innesca una dissonanza etica», hanno detto gli psicologi Claire Brouwer e Jan-Willem Bolderdijk in un nuovo studio. In altre parole, il fastidio generato da quelli che loro chiamano “ribelli morali” può indurre le altre persone a unirsi a loro. Perché questo succeda, però, bisogna usare con cura il linguaggio.

Secondo i due studiosi, spiega l’Atlantic, uno dei motivi per cui i “ribelli morali” ispirano reazioni sulla difensiva è che il loro esempio evidenzia il divario tra i valori e il comportamento di ciascuno. Forse anche noi siamo preoccupati per il cambiamento climatico, ma abbiamo comprato comunque quel biglietto aereo economico per le Maldive; forse anche noi siamo convinti dell’importanza della partecipazione civica, ma ci guardiamo bene dal partecipare alle riunioni del consiglio comunale sui temi che ci stanno a cuore. «I “ribelli morali” tendono a ricordarvi le vostre incoerenze – scrivono gli psicologi –, il che può essere molto sgradevole, perché può portare alla conclusione che, dopo tutto, non siete una brava persona».

Quindi, mentre è normale percepire i “ribelli morali” come predicatori, quella voce giudicante che sentiamo potrebbe venire dall’interno. Ma questo stesso fastidio può fungere da “carburante motivazionale” per il cambiamento. La reazione negativa innescata dalla condivisione di scelte e comportamenti virtuosi spesso indica che si è toccato un nervo scoperto. Piuttosto che cercare di evitare le provocazioni, spiegano i ricercatori, i “ribelli morali” dovrebbero quindi cercare di provocare in modo più produttivo.

Le persone affrontano e risolvono le loro incoerenze morali quando percepiscono la sfida come alla loro portata. Una strategia di successo in questo senso per i “ribelli morali” potrebbe essere presentare il proprio comportamento come il risultato di un processo continuo e non di una trasformazione improvvisa. «Chi si dedica a una questione politica, per esempio, può descrivere le piccole ma significative vittorie che lo motivano. Chi ha rinunciato a un piacere o a una comodità per motivi etici potrebbe ammettere di aver avuto delle cadute o delle tentazioni occasionali. (Invece di “La carne mi fa venire i conati di vomito”, i vegetariani potrebbero dire “Che buon profumo, la bistecca è la cosa che mi manca di più”)».

Un altro aspetto evidenziato dalla ricerca è che i “ribelli morali” dovrebbero ammettere il contributo di fattori esterni nel modellare il comportamento di ciascuno, per esempio riconoscendo che le preferenze alimentari sono influenzate dalle esperienze dell’infanzia, o che le scelte di trasporto sono limitate dalla disponibilità locale e dal costo. Questo può aiutare a chiarire che l’intento è quello di incoraggiare certe azioni, non di giudicare gli individui. Dopo tutto, anche chi dà l’esempio morale in un aspetto della vita può fare fatica in un altro.

Ma, si chiede l’Atlantic, perché preoccuparsi di favorire una “ribellione morale”? Nonostante gli sforzi, i singoli consumatori non possono risolvere la crisi climatica e le loro scelte non possono sostituire le riforme di sistema. Tuttavia, secondo i ricercatori, l’azione collettiva ha un potere reale, ed essa inizia sempre con un atto individuale.

«Il cambiamento sociale è quasi sempre avviato da singoli individui, siano essi consumatori, attivisti o politici. Tutti all’inizio sono soli e tutti devono affrontare le lotte e i costi sociali che derivano dall’essere i primi a deviare dalla norma. Abbiamo bisogno di questi individui testardi, di queste persone che sono disposte a rimanere fedeli ai loro principi e a continuare a spiegarli, per mettere in moto il cambiamento».

(Foto di Shubham Dhage su Unsplash)

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