In Italia centomila bambini e ragazzi hanno uno o entrambi i genitori detenuti. Spesso gli adulti mentono per proteggerli, sbagliando. Il giornalista Giuseppe Rizzo, per l’Essenziale, ha trascorso una giornata con padri e figli a Bollate per capire come affrontare un tema enorme, che non riguarda solo chi è in cella.

Le mura di cinta dell’istituto penitenziario di Bollate a Milano sono così alte che anche messi l’uno sulle spalle dell’altro i bambini che le stanno costeggiando non ne supererebbero la cima. C’è chi ha tre anni, chi sei, chi otto, ma all’ombra della recinzione sembrano ancora più piccoli; e allo stesso tempo la barriera che li sovrasta appare più invalicabile.

Alan ha sette anni e ogni tanto guarda in su per seguire l’arabesco del filo spinato. Secco come uno spillo, indossa la maglia dell’Inter e non vede l’ora di arrivare all’area verde dell’istituto per mangiare. È mezzogiorno e mezza, il sole picchia e lui rallenta un po’ il ritmo, ma non troppo: non sembra per niente stanco, nonostante abbia corso per due ore durante la Partita con i papà, un evento che dal 2015 l’associazione Bambini senza sbarre organizza in molte carceri italiane.

Il 12 giugno di quest’anno al campo da calcio di Bollate c’erano venti bambini e ragazzi, dai tre ai diciotto anni, e tredici padri. E poi una quantità enorme di moscerini, di cui però nessuno si è preoccupato: né i bambini, felici di passare una giornata con i genitori che non vedono quasi mai; né i genitori, che per un momento hanno provato a dimenticare le sbarre, i lucchetti e la violenza che sprangano le loro giornate. La sensazione di libertà somigliava ai pini oltre le mura del carcere: se ne intravedeva appena la punta, ma bastava per farne immaginare il fogliame rigoglioso e il tronco forte.

Durante la partita Alan è rimbalzato da un punto all’altro, ma non si è mai allontanato dal padre, come se fosse un piccolo satellite del genitore. Chestor C. invece di tenere d’occhio la palla, ha più che altro guardato lui, incapace di staccargli gli occhi di dosso. Come tutti gli adulti in campo, da molti anni non vede suo figlio addormentarsi la sera, né risvegliarsi la mattina, non c’è durante gli incubi notturni, le risate o i momenti di smarrimento che hanno bisogno di rassicurazioni quotidiane.

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(Foto di Donald Tong su Pexels)

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