Molti si sono stupiti del fatto che il premio Nobel per la medicina quest’anno non sia andato a scoperte relative alla realizzazione del vaccino contro il COVID-19. In particolare, spiega Nature, perché alcuni dei nuovi vaccini si basano sulla nuova tecnologia dell’RNA messaggero, che probabilmente avrà ricadute sullo sviluppo futuro dei vaccini in generale.
Il dibattito è arrivato fino a Stoccolma, e infatti il segretario generale della Accademia reale svedese delle scienze (che assegna i premi) ha commentato così: «Lo sviluppo di vaccini mRNA è una straordinaria storia di successo che ha avuto ricadute positive enormi per l’umanità. Siamo tutti molto grati agli scienziati che ne hanno permesso la realizzazione. È di sicuro una scoperta che riceverà delle nomination in futuro, ma abbiamo bisogno di tempo».
Il fattore tempo
Il tempismo non ha di certo giocato a favore della premiazione, secondo due punti di vista. Il primo è più tecnico: le nomination per i premi di quest’anno dovevano essere inviate entro il primo febbraio. A quel punto la campagna vaccinale era appena all’inizio in tutto il mondo, quindi a proposito dei vaccini mRNA si avevano risultati solidi relativi agli studi clinici, ma la portata del loro impatto non era ancora del tutto chiara.
Il secondo punto di vista riguarda la storia dei premi Nobel e il tempo che normalmente passa tra una scoperta scientifica e il suo riconoscimento. Mediamente questo intervallo dura circa 30 anni. I primi esperimenti sui vaccini mRNA sono stati fatti a metà degli anni ’90, ma i progressi più consistenti sono arrivati negli anni 2000. L’impatto reale della tecnologia, infine, è stato chiaro solo quest’anno.
Ma forse non dovremo attendere così tanto, perché alcune scoperte di ampia portata tendono a essere premiate più velocemente. Uno scienziato intervistato da Nature fa un parallelo con le onde gravitazionali, ipotizzate da Albert Einstein nel 1915. Ci è voluto un secolo prima che i ricercatori sviluppassero gli strumenti per rilevarle direttamente. L’annuncio della scoperta arrivò il 2016, e il relativo premio Nobel fu assegnato nel 2017. È quindi comprensibile che la premiazione non sia avvenuta quest’anno, ma ci si può aspettare che non ne passeranno molti.
Una scoperta, tanti problemi
Altri fanno notare che solitamente i premi Nobel vengono assegnati a chi fa ricerca di base, che apre possibilità per affrontare una serie di altri problemi, piuttosto che la singola scoperta che ne risolve uno solo (per quanto enorme, come la pandemia). È quindi possibile che il comitato voglia attendere di valutare l’impatto dei vaccini a tecnologia mRNA su altre malattie (per esempio altri coronavirus) prima di pronunciarsi a favore.
Un ulteriore fattore che complica il quadro riguarda la decisione su chi premiare. La realizzazione dei vaccini mRNA ha giovato di contributi da parte di numerosi scienziati provenienti da settori di studio molto diversi nel corso degli anni. È improbabile che l’Accademia scelga di premiare studiosi e aziende che nel concreto hanno sviluppato i vaccini contro il COVID-19, ma invece cercherà di concentrarsi su chi ha dato un apporto più fondamentale nel lungo percorso di sviluppo della tecnologia.
Nel frattempo, comunque, i vaccini contro il COVID-19 hanno già iniziato a fare incetta di premi. Tre milioni di dollari sono andati a coloro che hanno sviluppato ricerche fondamentali per i vaccini di Moderna e Pfizer-BioNTech. Gli stessi hanno poi vinto i premi annuali della fondazione Lasker, da molti considerati “un’anticipazione” dei premi Nobel.
(Foto di Giorgio Trovato su Unsplash )
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