Da quando è iniziata l’invasione russa ai danni dell’Ucraina, è partito un flusso continuo di notizie ininterrotto che ha occupato ogni spazio: dalle testate giornalistiche alle trasmissioni tv e ai social network. Se per gli adulti è già un problema districarsi in questo fiume, con il rischio di un eccesso d’informazione che finisce per confondere e alimentare stati d’animo negativi, il problema è ancora più grande per i minori.
In maniera più o meno diretta e intenzionale, anche i più piccoli sono infatti esposti a immagini e informazioni che alimentano in loro domande e paure che spesso non hanno strumenti per affrontare. In questo, gli adulti giocano un ruolo fondamentale nel cercare di aiutare la comprensione e infondere tranquillità. Il New York Times ha raccolto una serie di consigli, consultando psicologi ed esperti di adolescenza e preadolescenza. Nell’articolo ci si riferisce soprattutto ai “tweenager” (o tweens), ossia ai bambini tra i 9 e i 14 anni.
Alcune delle questioni che affronta l’articolo sono: come si dovrebbe rispondere alle domande dei propri figli su ciò che sta succedendo? Se loro non lo chiedono, dovrebbero essere i genitori a sollevare il tema? Ecco cosa suggeriscono gli esperti.
Se il proprio figlio fa delle domande, potrebbe non essere perché è terrorizzato o turbato. Molti bambini «ci faranno domande solo per curiosità», ha detto la psicologa Emily W. King. Quando lo fanno, bisogna cercare di rispondere con calma e precisione, senza farsi prendere da emozioni eccessive.
Se invece non sembrano poi così interessati, non c’è niente di male, ha detto Robyn Silverman, specialista dello sviluppo di bambini e adolescenti. «Non c’è bisogno di spingerli a interessarsi», ha detto, anche se ha suggerito che i genitori affrontino l’argomento – magari chiedendo cosa i figli hanno sentito sul conflitto – e si assicurino che sappiano un po’ di quello che sta succedendo.
Si può dire loro qualcosa per fare in modo che, se hanno voglia di interessarsi o parlarne, si rivolgano ai genitori, con espressioni come: «Capisco perfettamente che tu non sia interessato in questo momento. Ma se lo sei, per favore vieni da me».
Cercare i segni di eventuali stati d’ansia
A volte, dalle domande possono emergere stati d’ansia. Altre volte, però, i bambini affrontano le proprie preoccupazioni nel silenzio, quindi è importante osservare i segni meno evidenti del loro nervosismo. Possono, per esempio, avere problemi a dormire, magari perché svegliati da pensieri o immagini che hanno visto al telegiornale.
Possono anche mostrare un cambiamento nell’appetito, mangiando meno del solito o rifugiandosi maggiormente in “cibi di conforto”. Possono essere irritabili, appiccicosi o avere problemi di stomaco. Se si vedono di questi segnali, è bene «far sapere loro che ci siete, senza per forza lanciarsi in grandi discorsi», ha detto Hina Talib, specialista di medicina adolescenziale.
Non esporre i bambini a notizie o immagini spaventose
Anche se è comprensibile voler stare al passo con le notizie, bisogna essere consapevoli che anche i figli potrebbero essere esposti agli stessi contenuti. Avere la televisione costantemente accesa sulle notizie, dove circolano immagini che possono essere inquietanti per loro, non è la scelta migliore.
Da evitare anche il fatto di cercare informazioni online mentre si è con i figli: non si può mai sapere quali immagini o video potrebbero comparire dalla ricerca. Le scelte sono due, ha detto King: «O fate voi stessi delle ricerche e trasmettete le informazioni a vostro figlio, o condividete un articolo che voi stessi avete controllato».
Se si teme che i propri figli si perdano nel “doomscrolling“, li si può incoraggiare a fare scelte migliori sulle fonti d’informazione. Se si informano sui social media, meglio invece indirizzarli a fonti affidabili di notizie. In Italia per esempio esiste il mensile Internazionale Kids, espressamente rivolto a un pubblico di bambini e ragazzi.
Non bisogna poi dare per scontato che i bambini siano preoccupati dalle stesse cose che preoccupano gli adulti. Se un bambino chiede: «È la terza guerra mondiale?», è meglio rispondere con delle domande per capire cosa li turba veramente. Si potrebbe chiedere: «Cosa intendi?». Oppure: «Cosa ti spaventa in particolare?».
Prenderli sul serio
Una volta identificato da cosa sono impensieriti i bambini, bisogna affrontare queste preoccupazioni specifiche, evitando di dire loro di calmarsi o che stanno esagerando. Questo può indurli a credere che i loro sentimenti siano sminuiti.
Se i bambini sono preoccupati per le famiglie in Ucraina, si può pensare a iniziative concrete per aiutarle, come sovvenzionare le associazioni di beneficenza che stanno fornendo aiuti. Quando ai bambini viene data l’opportunità di aiutare gli altri hanno la sensazione di essere protagonisti, il che può essere confortante.
Se non avete tutte le risposte alle domande dei vostri figli, va bene lo stesso, ha detto Talib. «Non c’è niente di male nel dire “non lo so”, impegnandosi a cercare una risposta e poi a condividerla. Va bene anche dire: “Questo è un argomento importante: parliamone stasera, quando potrò darti tutta la mia attenzione”».
In fondo, la cosa più importante è che i bambini si sentano al sicuro e ascoltati.
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