Tra circa un mese e mezzo sarà Natale e anche quest’anno, come nel 2020, passare le feste in famiglia sarà un po’ diverso dal solito. La situazione è molto diversa rispetto a un anno fa, quando c’erano regole piuttosto stringenti sullo spostamento tra regioni e città, e sul numero di persone e nuclei familiari che potevano incontrarsi. Soprattutto, un anno fa non c’erano i vaccini contro il COVID-19.

Nonostante la campagna vaccinale abbia rallentato vistosamente nelle ultime settimane, oggi la copertura vaccinale in Italia è piuttosto estesa in confronto ad altri paesi europei.

Ma, come sappiamo, nemmeno il vaccino dà una garanzia di protezione al cento per cento. E soprattutto, checché ne dicano coloro che ogni giorno inveiscono contro la “dittatura sanitaria”, non tutti hanno scelto di vaccinarsi.

Bisognerà quindi capire come regolarsi per passare i giorni di festa con i familiari, con tutta la variabilità del caso in merito a vaccinazione e fragilità. Come si sa, poi, non è sempre facile gestire il dialogo in queste situazioni, e posizioni leggermente diverse su un tema possono trasformarsi in conflitti pluriennali. Visto il fortissimo effetto polarizzante del tema “vaccini”, il litigio è dietro l’angolo.

Negli Stati Uniti, dove il 25 novembre si celebrerà la festa del Ringraziamento, stanno già iniziando a pensarci, e Christina Caron in un articolo per il New York Times ha raccolto i consigli di alcuni esperti.

Rendetelo un problema collettivo

Il consiglio di Daniel Shapiro, docente di psicologia, è di spostare la soluzione del problema dalla dimensione individuale a quella collettiva. «Chiamate i vostri familiari non vaccinati – spiega – e sollecitate le loro idee su come ritrovarsi in maniera sicura. Chiedete loro che consigli hanno per fare in modo che tutti si sentano al sicuro e a proprio agio quando si sta assieme. Poi proponete voi qualche idea. Per esempio, potreste suggerire che sia obbligatorio per tutti sottoporsi a un tampone prima del pranzo o della cena. Cercate di non giudicare le idee degli altri – suggerisce ancora Shapiro –. Alcune saranno meglio di altre, e confrontarsi collettivamente aiuterà a fare in modo che la decisione finale sia fatta propria da ognuno. Un avvertimento, però: mantenete la discussione sul problema specifico ed evitate che si cada nel dibattito politico».

Usate i test rapidi

Fare un test rapido prima di ritrovarsi può ridurre il rischio di diffondere il virus, in particolare quando persone di diversi nuclei familiari e diversi territori si incontrano. Nel giro di pochi minuti, il test rapido indica con una certa affidabilità chi ha contratto il COVID-19 ed è contagioso.

Per non scontentare nessuno, in questo caso bisognerà agire in maniera indiscriminata: la regola è che tutti, vaccinati e non, si sottopongono al test appena entrati a casa dell’ospite. Chi risulta positivo, dovrà andarsene.

Il test rapido in questo caso è utile perché informa sul fatto che si abbia un’alta concentrazione del virus nel naso proprio in quel momento, e quindi dà una buona indicazione sull’opportunità o meno di stare in compagnia della persona testata.

Ricordate ai vostri familiari scettici che una persona infetta può essere contagiosa anche se non presenta sintomi, e che se anche il vaccino è molto efficace nel proteggere contro forme gravi della malattia, l’immunità contro l’infezione sembra diminuire lentamente con l’andare del tempo.

Tenete la mente aperta mentre parlate di vaccino con i parenti

Le persone possono scegliere di non vaccinarsi per i motivi più diversi, quindi gli esperti suggeriscono di non trarre conclusioni affrettate sulle loro motivazioni. Cerchiamo piuttosto di fare domande e ascoltare.

Se hanno paura dell’ago (belonefobia), potete proporre loro di accompagnarli a fare il vaccino, in modo che si sentano al sicuro. Se dicono di non avere tempo, potete offrirvi di aiutarli nell’organizzare l’appuntamento.

Ricordate poi che ci sono dei tempi da rispettare affinché i vaccini raggiungano il massimo della protezione. Per Pfizer-BioNTech e Moderna questa arriva a due settimane dalla seconda dose, che a sua volta deve avvenire a 3-4 settimane di distanza dalla prima. Il tempo da qui a Natale c’è, ma meglio organizzarsi. E in ogni caso, la prima dose offre già una parziale protezione, quindi meglio di niente.

Mascherine e ventilazione

Di mascherine ne abbiamo tutti abbastanza, ma sono ancora uno strumento utile (nonché obbligatorio in molti contesti). Tamponi e test rapidi hanno un costo, e quindi le soluzioni precedenti potrebbero non essere alla portata di tutti.

Le precauzioni più basilari che abbiamo mantenuto finora contro la diffusione del virus restano valide. Ritrovarsi all’aperto, o mantenere le finestre aperte (ovviamente non praticabile in molte zone d’Italia in pieno inverno), resta uno dei modi più sicuri per ritrovarsi con altre persone. E quando si sta al chiuso, indossare la mascherina e ricambiare spesso l’aria sono misure altrettanto prudenti, per quanto poco piacevoli.

Gli esperti statunitensi consigliano inoltre di limitarsi a dieci persone e due nuclei familiari nel caso in cui ci siano persone non vaccinate in famiglia, e in ogni caso di non superare i 15 partecipanti.

Green pass

Ovviamente un’opzione possibile è anche controllare i Green Pass all’ingresso, non prevista nell’articolo del New York Times visto che da quelle parti non esiste niente di simile. La citiamo per completezza, anche se non è certo tra le più simpatiche.

(Foto di Artem Kniaz su Unsplash )

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