Doveva scadere oggi il bando pubblicato il 20 luglio dal commissario straordinario per l’emergenza coronavirus, Domenico Arcuri, per l’acquisto di un massimo di tre milioni di banchi per la scuola. In realtà proprio ieri è stata concessa una proroga di cinque giorni. Ancora non sappiamo se la gara andrà deserta, come alcuni si aspettano, o se qualcuno riuscirà a presentare un’offerta che riesca a soddisfare le richieste. Nel bando si parla dell’acquisto di fino a tre milioni di banchi, quindi possono essere anche di meno. Però si è anche detto che quella cifra, che corrisponde al 40 per cento dei banchi delle scuole italiane, sarà necessaria ad assicurare la ripresa delle lezioni in sicurezza e nel rispetto delle linee guida del governo. Secondo Assufficio di FederlegnoArredo e Assodidattica, le principali associazioni di categoria di questo settore, «un acquisto centralizzato di 3,7 milioni di pezzi tra banchi monoposto e sedute, è pari ad oltre la produzione di 5 anni di tutte le aziende nazionali certificate per fornire arredamento alla pubblica amministrazione. Ma non solo, il bando prevede la sottoscrizione del contratto entro il 7 agosto e la consegna nelle scuole (ovunque sul territorio nazionale) entro il 31 agosto. In pratica significa che dal 7 al 31 agosto, cioè in 23 giorni compresi tutti i festivi, dovrebbe essere concentrata la produzione di 5 anni». Sembra quindi che, se anche le aziende dovessero riuscire a consorziarsi, come suggerisce Arcuri, il numero di banchi fornito sarà molto lontano dalla soglia massima prevista. Ma qual è la soglia minima affinché l’acquisto dei banchi sia significativo e permetta effettivamente l’inizio delle lezioni? Ma soprattutto: possibile che, con le scuole chiuse da mesi, si pubblichi un bando simile il 20 luglio, con le scuole che destinate a riaprire tra un mese e mezzo? Come accettare che tra le tante task force, a nessuno sia venuto in mente prima che servivano nuovi banchi per le scuole?

Rivedere le linee guida

Sulle linee guida per la riapertura, cui abbiamo fatto riferimento, si sono concentrate molte attenzioni. Un gruppo di scienziate ha inviato un appello al Ministero dell’istruzione, pregandolo di elaborarne di nuove, basate su evidenze scientifiche, criterio che evidentemente trovano non sia stato adottato finora: «Invece di pensare a comprare milioni di mascherine, si sarebbe già dovuto investire sulla ristrutturazione degli spazi e sul numero di insegnanti. […] Chiediamo alla Ministra Azzolina, al suo governo e al comitato tecnico scientifico di stilare urgentemente nuove indicazioni per la riapertura delle scuole sulla base delle evidenze scientifiche disponibili. Con le attuali linee guida non sembra possibile che, tra appena un mese e mezzo, la scuola possa riaprire per tutti garantendo pari opportunità».

La scuola non ricomincerà per tutti

Si parla di un 10 per cento di alunni che non troverà spazio a scuola a settembre, stando così le cose. Può sembrare una cifra minima ma, come fa notare Chiara Saraceno su Repubblica, «Sono centinaia di migliaia di bambini e ragazzi concretissimi, con i loro bisogni e diritti educativi calpestati. Sono centinaia di migliaia di genitori che non sanno ancora se e in quali condizioni i loro figli faranno lezione e che tipo di soluzioni organizzative dovranno trovare per fare fronte a ciò che la scuola (non) offrirà loro». Saraceno sintetizza con efficacia la situazione complessiva: «Il prolungamento della chiusura delle scuole, che ha distinto l’Italia rispetto a tutti i Paesi europei, invece di servire per attrezzarsi meglio per la ripresa è servito solo per ritardare colpevolmente ogni decisione, in uno scarica-barile inaccettabile tra Miur e comitato tecnico-scientifico, Miur e presidi ed enti locali, Miur e sindacati. Con l’esito finale di scaricare ogni problema sui bambini e ragazzi e le loro famiglie. A danno di tutti, ma soprattutto di chi ha meno risorse, naturalmente».

(Foto di Alissa De Leva su Unsplash)