Il tormentone estivo è ormai un rituale collettivo piuttosto consolidato. Ogni estate lo aspettiamo, lo temiamo, lo respingiamo, infine lo accettiamo.

Ci sono anni in cui è più facile individuare il tormentone della stagione, altri in cui il panorama è più frastagliato, o ancora se ne sussegue più di uno, a cadenzare le diverse fasi dell’estate.

Quest’anno chi vi scrive si è ritrovato, per costruire l’articolo che state leggendo, a inserire su Google chiavi di ricerca come “tormentone estate 2023” (peraltro rendendosi conto di conoscere i nomi di meno della metà degli artisti restituiti). Questo evidenzia diverse cose: innanzitutto che con un certo impegno è possibile restare felicemente al riparo dai tormentoni estivi, ma anche che quest’anno non è uscita nessuna canzone in grado di imporsi in maniera chiara e definitiva sul mercato e sulle nostre menti. Forse è questione di giorni affinché arrivi la “Despacito” del 2023, ma per il momento siamo salvi. Per il momento.

Non è detto però che il “tarlo nella testa” debba aspettare l’estate per arrivare. Il cosiddetto earworm, come viene chiamato in inglese e nel mondo scientifico, è un evento che può capitare in qualunque momento, anche in assenza di stimoli sonori. Vi sarà forse capitato di ritrovarvi di punto in bianco, senza causa apparente (ma non senza “motivo”), con un loop nella testa che ripete senza sosta una strofa di una canzoncina per bambini, o un vecchio brano di musica leggera, o appunto un tormentone estivo (magari proprio “Despacito”). E una volta arrivato, non si sa mai quanto l’earworm si tratterrà. Può trattarsi di qualche minuto o qualche ora. Se si va oltre, può diventare un vero problema.

Come spiega un articolo su Wired, alcuni studi dimostrano che gli earworm si verificano in genere in risposta ad alcuni fattori scatenanti: la ricorrenza, la familiarità e la noia.

Spesso sono i brani composti con un occhio alla memorizzazione a prestarsi di più per diventare un tarlo. Brani semplici, orecchiabili, ripetitivi.

È emerso che alcuni stati emotivi, come quando siamo stanchi o sovraccarichi di lavoro, possono scatenare i tarli dell’orecchio. In un apparente paradosso, si è più vulnerabili quando si è troppo stressati o non abbastanza stressati: in altre parole, annoiati.

La ricerca suggerisce che le persone che soffrono di ansia, disturbo da stress post-traumatico e disturbo ossessivo-compulsivo sono più inclini a soffrire di earworm. Per alcune persone queste ossessioni musicali possono durare mesi o addirittura anni, con ripercussioni sulla vita privata e su quella lavorativa. In quel caso il consiglio è di rivolgersi al proprio medico, perché potrebbero esserci in gioco altri fattori, e si tratta generalmente di problemi risolvibili.

Ma quali sono dunque i consigli degli scienziati su come affrontare questo disturbo, quando si presenta in forma lieve? Eccoli di seguito, secondo i pareri raccolti da Wired:

Completare l’ascolto della canzone. Spesso il loop si crea attorno a una canzone che conosciamo solo parzialmente. Una volta che la si ascolta fino in fondo, il cervello riceve il messaggio che è completa, quindi non c’è bisogno di ripeterla. Uno stratagemma, se non potete ascoltare il brano, è far partire un applauso: può essere altrettanto efficace nel segnalare alla mente che la canzone è finita.

Distraetevi. Guardare dei meme quando si sta cercando di eliminare un earworm è una strategia che si è dimostrata efficace. La distrazione, o l’ideazione di un compito, un suono o un’immagine in competizione, qualcosa che impegni la mente (anche solo masticare una gomma), può aiutare a liberarsi di un tarlo.

Diversificate la vostra playlist. Se create una playlist composta da canzoni con tempi e ritmi diversi, la vostra mente potrebbe avere meno probabilità di fissarsi su un brano in particolare.

Mescolate i testi. Potete provare a farvi riscrivere il testo del vostro tarlo in altri stili da ChatGPT (ad esempio “Riscrivi il testo di Despacito nello stile di Luigi Tenco”). Oppure potete fare voi, cambiando le parole del testo per scombinare gli schemi di ripetizione.

Tutti questi sistemi possono funzionare in una certa misura, ma attenzione: gli earworm sono alimentati dalla nostra stessa attività cognitiva, quindi lo sforzo di liberarsene potrebbe avere l’esito opposto di farli durare ancora di più.

(Foto di Asa Rodger su Unsplash)

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