Redattore Sociale ha intervistato Mauro Palma, garante nazionale dei detenuti. Per definire il 2020 delle carceri italiane, Palma sceglie tre termini: morti, populismo penale, cambiamento.
“Deve marcire in galera”, “Buttate via la chiave”. Nemmeno il Covid è riuscito a disinnescare il perverso meccanismo che lascia marcire in galera anche il dettato della nostra Costituzione. Anzi, “l’asprezza accentuata dalla pandemia ha acuito il fenomeno di richiesta populista di penalità, di diminuzione della pietas e di irrazionalità nell’intervento penale, spesso in conseguenza di campagne di opinione sui media”. Dalle “scarcerazioni facili” alle rivolte che a marzo hanno infiammato gli istituti di pena, dal “populismo penale” al sovraffollamento. E, su tutto, il Covid. Con una narrazione che “risente sempre della necessità di non analizzare a fondo i fenomeni perché questi inevitabilmente proietterebbero interrogativi sulla nostra complessiva società”. Il garante nazionale Mauro Palma ripercorre per Redattore Sociale il 2020 delle carceri italiane partendo dal linguaggio con il quale un periodo tanto complesso è stato raccontato.
Se dovesse utilizzare tre termini per definire il 2020 delle carceri italiane, quali sceglierebbe?
“Sceglierei: morti, populismo penale, cambiamento. Morti, perché non è possibile descrivere l’anno trascorso senza ricordare che per la prima volta, dopo decenni, 14 persone sono morte in carcere a seguito delle manifestazioni violentemente sviluppatesi all’apparire della prima chiusura dei rapporti con l’esterno. Sullo sviluppo di queste ‘rivolte’, sulle conseguenze e sulle possibili responsabilità indaga la magistratura. Resta il fatto che il loro sviluppo è correlato a quell’ansia che l’espansione del virus ha determinato in tutti noi e ancor più nei luoghi dove la possibilità di movimento è preclusa. Resta la valutazione dell’incidenza che la nuova situazione ha determinato in tutti in termini di riduzione dello spazio relazionale di mediazione e di asprezza delle difficoltà preesistenti: un mutamento direi di paradigma che è divenuto molto più determinante dove fragilità e sofferenza già erano ampiamente presenti. Il carcere, del resto, conosce spesso – troppo spesso – la morte, basti pensare al numero di suicidi, peraltro aumentato nell’anno trascorso: eppure quelle morti di marzo 2020 interrogano ancora di più e danno l’immagine di una sconfitta collettiva”. “Populismo penale, perché l’asprezza accentuata ha acuito il fenomeno di richiesta populista di penalità, di diminuzione della pietas e di irrazionalità nell’intervento penale, spesso in conseguenza di campagne di opinione sui media. Basti pensare alla gazzarra scatenata attorno a una presunta direzionata clemenza verso persone responsabili di reati di grande criminalità, ‘meritevoli’, a parere di chi urlava, di un castigo secco, reclusivo, indipendentemente da quella doverosa attenzione alle condizioni di specifica vulnerabilità dal punto di vista della salute, in un momento di larga diffusione del contagio.
Noi ci siamo
Quando è nata Avis Legnano i film erano muti, l’Italia era una monarchia e avere una radio voleva dire essere all’avanguardia. Da allora il mondo è cambiato, ma noi ci siamo sempre.