Dire no a una richiesta è sicuramente più complicato che dire sì. Spesso, per evitare di innescare un conflitto, di deludere qualcuno, o semplicemente perché ci sentiamo in dovere di accogliere le richieste che ci arrivano, tendiamo a dire sì quando non dovremmo. Secondo Natalie Lue, che si occupa di insegnare alle persone ad andare oltre la tendenza a condiscendere alle richieste altrui, quando diciamo di sì per fare piacere agli altri «stiamo sopprimendo e reprimendo noi stessi». Lue, intervistata dalla NPR (la radio pubblica statunitense) usa l’espressione people pleasers per identificare questa tipologia di persone, che potremmo forse tradurre con accomodanti o concilianti cronici. Lei stessa ha fatto parte di questa categoria per lungo tempo prima di fare i conti con la questione, imparando a difendere il proprio spazio dicendo dei no, quando necessario. «Quando la tua massima priorità è piacere agli altri tutto il tempo, perdi il contatto con i tuoi bisogni», ha detto Natalie Lue, che non ha studi di psicologia alle spalle ma è una scrittrice e blogger che da molti anni si occupa di questo problema e tiene dei corsi in cui aiuta le persone a superarlo. Il suo contributo ci sembra dunque valido, e quindi riportiamo di seguito i suoi consigli, utili a capire da dove cominciare se ci si rende conto di essere intrappolati nella gabbia dell’accondiscendenza.

Tracciare le proprie risposte

Il primo passo per imparare a dire no è monitorare le volte in cui diciamo sì, no, forse alle richieste. Il consiglio è di tracciare per almeno una settimana il nostro comportamento, e di conseguenza il modo in cui spendiamo il nostro tempo e la nostra energia. «Quali sono le cose che ti stressano? Cosa ti fa scattare?». Fare attenzione a queste cose, spiega Lue, aiuta a identificare i momenti in cui diciamo no, e tutto va bene. Un modo per capire quali sono le situazioni in cui in futuro potremo dire no in tutta tranquillità. Prendere nota aiuta anche a capire quali sono le persone o il tipo di richieste che ci provocano ansia. Può essere che il nostro essere concilianti sia legato a una relazione problematica o a un evento traumatico? «Talvolta si tratta di un comportamento che ci è servito per proteggerci da piccoli, e che continuiamo a mantenere anche da adulti», ha spiegato Lue. Un tentativo che si può fare è darsi l’obiettivo di dire un certo numero di no al giorno. Non è che poi lo si debba rispettare per forza, ma almeno ci si apre alla possibilità di farlo in tutta sicurezza.

Rispettare le nostre facoltà mentali

A volte dire troppi sì ci porta ad avere giornate fin troppo piene, tanto che poi ci sentiamo “scarichi” per l’eccesso di cose da fare. Il consiglio è quindi di dare un’occhiata al calendario e capire quanto tempo passiamo a fare cose per gli altri, anche quando non vorremmo o non sarebbe dovuto. «Se ci si accorge di passare il 90 per cento del proprio tempo facendo cose che ci fanno sentire intrappolati, per esempio, questo può essere fonte di ansia. La prossima volta, prima di cedere a una richiesta, possiamo valutare quanto tempo ed energie abbiamo a disposizione, prima di assumerci altre responsabilità. «Molte persone rinunciano a fare le cose a cui tengono perché sono troppo impegnate a soddisfare richieste improprie».

Distinguere tra desiderio e obbligo

Bisogna imparare a distinguere quando siamo entusiasti di dire sì a qualcosa, e quando invece lo facciamo perché ci sentiamo in obbligo. Se lo facciamo per quest’ultimo motivo, sicuramente ne nascerà un risentimento. Certo, non sempre si può dire sì solo alle cose che ci interessano o ci va di fare, però il fatto di essere intenzionali nel dire sì può aiutare a vedere con più chiarezza la situazione.

Fai una pausa prima di rispondere

Spesso si dice sì per togliere di mezzo una tensione o ansia percepita. Fare una piccola pausa prima di rispondere ha diversi vantaggi. Ci dà la possibilità di prendere del tempo sul nostro interlocutore, e al contempo aiuta a valutare cosa c’è davvero dietro alla domanda. Era una richiesta o solo un suggerimento? Anche questo aiuta a calmare pensieri ansiogeni che possono portare a essere immediatamente accomodanti.

Imparare l’arte di un no “morbido”

Lue fa notare che c’è differenza tra un no “duro” e un no “morbido”. Il primo è chiaro e conciso: “No, grazie”, oppure “Mi spiace, ma questa settimana non riesco”. Un no morbido può essere più semplice da gestire per i concilianti cronici. Per esempio: “Grazie per avermi coinvolto in questo progetto. Sembra molto interessante, ma non ho l’energia mentale per seguirlo in questo momento”. Semplice e chiaro. Non dovrebbe essere più lungo di così, spiega Lue. Se si danno troppe spiegazioni si rischia di dare all’interlocutore la possibilità di fare altre richieste, oppure lo si confonde. Imparare a gestire il no in maniera morbida ed elegante può aiutare a farci desistere dall’urgenza di essere accomodanti. Abbiamo detto di no, stiamo bene, il mondo non ci è collassato attorno, avanti così.

(Foto di Nick Fewings su Unsplash)