Come spesso ripetiamo, la donazione di sangue è anonima. Ciò vuol dire che il ricevente non sa da chi proviene l’emocomponente che gli viene trasfuso, e allo stesso tempo il donatore non sa chi verrà aiutato con il suo sangue (ovviamente, tutto questo riguarda solo il lato donatore/ricevente: tutto il processo è tracciato attraverso la rete informatica del sistema trasfusionale).
È però importante e utile sapere, a livello aggregato, dove va a finire il sangue: quali sono gli utilizzi principali, quali le fasce d’età, i generi, ecc. A questo fine, nel 2021 è stato realizzato uno studio da parte della Simti (Società Italiana Medicina Trasfusionale e Immunoematologia). La raccolta dei dati è stata fatta attraverso un sondaggio, realizzato il 10 aprile 2019. In quella data, a 237 strutture trasfusionali italiane è stato chiesto di rispondere a una serie di domande sull’utilizzo del sangue trasfuso. Poco più della metà delle strutture (153) ha restituito i moduli compilati, riportando 7.523 trasfusioni.
L’età mediana rilevata dei riceventi era di 73 anni. Ricordiamo che la mediana, a differenza della media, è il valore, che “divide in due” il set di dati. Vuol dire che la metà dei riceventi aveva meno di 73 anni, mentre l’altra metà ne aveva di più. La mediana è un indicatore più significativo quando sono presenti dei cosiddetti “outlier”, ossia dei valori che si distanziano molto dai valori più frequenti, e che possono falsare il calcolo della media. In questo caso l’età minima registrata era zero e quella massima 106 anni, ed è quindi probabile che gli outlier ci fossero. A confermare che l’età media dei riceventi è stata piuttosto alta, si aggiunga che un terzo dei riceventi aveva più di 80 anni e il 64,9% più di 65, senza differenze rilevanti tra maschi e femmine.
Questi dati sono un’indicazione piuttosto importante per il sistema trasfusionale e quindi anche per la nostra associazione, che ne è protagonista assieme agli attori sanitari e politici. Una popolazione che invecchia è una popolazione che ha sempre più bisogno di cure, e quindi di servizi adeguati che devono continuare a essere disponibili per tutti, a prescindere da dove le persone vivono e dal loro reddito. Per questo servono strutture, ma anche medici e personale sanitario. Il fatto che l’Italia non sia in grado di formare un numero sufficiente di medici e infermieri, e soprattutto di invogliarli a rimanere nel servizio pubblico – o anche solo in Italia – è un aspetto critico, che renderà il nostro sistema sempre più dipendente dalle prestazioni offerte dal privato.
Il dato sulla destinazione d’uso del sangue rispecchia il contesto descritto. Se comunemente si sarebbe portati a pensare che il sangue serva soprattutto nei casi urgenti, quindi per trasfusioni dovute a incidenti stradali, incidenti sul lavoro e simili, in realtà l’uso chirurgico degli emocomponenti è stato pari a un terzo del totale. I due terzi invece sono stati usati per terapie mediche, la più comune delle quali è l’anemia acquisita.
560 trasfusioni di piastrine sono state somministrate a 520 pazienti, di cui il 62,7% per profilassi (cioè misure di prevenzione) e il 28,6% per emorragia prima o durante una procedura invasiva o un intervento chirurgico o per trombocitopenia (una carenza di piastrine nei vasi sanguigni). 194 pazienti hanno ricevuto 654 unità di plasma, il 71,1% delle quali a scopo terapeutico in pazienti con emorragie.
Ovviamente uno studio di questo tipo ha dei limiti, specificati dagli stessi ricercatori. Il monitoraggio infatti ha riguardato un arco temporale di sole 24 ore, quindi è possibile che alcuni eventi legati a fattori esterni o ciclici (per esempio quelli traumatici) siano sovra o sottorappresentati. In ogni caso si tratta di uno studio che ha molti punti di forza, su tutti l’alta partecipazione dei centri trasfusionali, e quindi la buona rappresentazione del fenomeno osservato. Sarebbe interessante ripetere esperimenti di questo tipo, anche su periodi più lunghi, per capire se e come è cambiato il quadro in seguito alla pandemia di Covid-19.
(Foto di Piron Guillaume su Unsplash)
Ricordati di farlo
Lo sai che puoi destinare il 5 per mille dell’IRPEF all’Avis di Legnano? Basta inserire il nostro codice fiscale al momento della dichiarazione. Useremo i proventi per fare ancora meglio ciò che facciamo da sempre.