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La Commissione per il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici è stata istituita nel 2012, in un’ottica di trasparenza e controllo indipendente sull’uso dei soldi pubblici. Da allora, però, non è mai stata dotata delle risorse necessarie per funzionare. Tale commissione è il più chiaro esempio di quello che Daniela Piccio definisce, in un articolo per Sbilanciamoci.info, fake-decisionmaking. Per dirla semplice, si tratta di un meccanismo del potere per cui quest’ultimo attua provvedimenti che sembrano andare nella direzione invocata dall’opinione pubblica, ottenendo quindi consenso e dando un’idea di professionalità. In realtà, però, le decisioni prese si rivelano poi prive di contenuti reali. Secondo Piccio potrebbe essere considerata l’evoluzione di un’altra dinamica, conosciuta come nondecision-making, ossia «un sottile processo di manipolazione di valori sociali, norme e credenze [con cui] si impedisce che rivendicazioni antagoniste allo status quo arrivino a costituirsi come tematiche di attenzione dell’agenda pubblica».

Nel caso citato in apertura, si tratta di un provvedimento preso dal governo guidato da Mario Monti, che con la legge numero 96 del 2012 istituisce la Commissione. Il dibattito politico di quel periodo (e non è che sia cambiato molto nel corso degli anni) era caratterizzato da una grande perdita di fiducia verso i partiti e da un clima di sospetto sull’uso che questi erano soliti fare dei tanti (troppi) finanziamenti ottenuti dallo Stato (con sentenze che poi hanno accertato casi di utilizzi impropri di fondi da parte di tesorieri di partito). Niente di meglio, insomma, per dare una marcia in più al gradimento verso il “governo dei tecnici”, di una commissione deputata al controllo della trasparenza e del rispetto delle norme di contabilità dei rendiconti di partiti e movimenti. Il profilo dell’apparato è di tutto rispetto e sembra investito di un’indipendenza sostanziale e formale: «Cinque componenti (si legge sul sito del Parlamento), di cui uno designato dal Primo presidente della Corte di cassazione, uno designato dal Presidente del Consiglio di Stato e tre designati dal Presidente della Corte dei conti. Tutti i componenti sono scelti fra i magistrati dei rispettivi ordini giurisdizionali con qualifica non inferiore a quella di consigliere di cassazione o equiparata». Peccato però che non si diano loro le risorse necessarie a effettuare le verifiche: i cinque componenti sono costretti a lavorare senza poter coprire altri incarichi, gratis e con pochi strumenti a disposizione.

Nel frattempo, oltre a non essere migliorate le condizioni di lavoro, i compiti della Commissione sono aumentati e sono stati resi sempre più complessi da un groviglio di norme contraddittorie che i magistrati si sono trovati costretti a sbrogliare. «Oltre alla ripartizione dei fondi pubblici – scrive L’Espresso –, che saranno ridotti ma non aboliti prima del 2017, la Commissione dovrà verificare le nuove entrate previste: il 2 per mille, i contributi diretti dei privati e gli sgravi fiscali a cui la legge del febbraio scorso dà accesso». La conseguenza di tali condizioni di lavoro è stata l’estrema instabilità della composizione della Commissione (i cui membri sono nominati per un mandato di quattro anni, rinnovabile una sola volta). «Ed ecco i risultati – spiega Piccio –: dimissioni di due dei cinque componenti della Commissione ad appena cinque mesi dalla sua costituzione (fine maggio 2013, e rinomina di due componenti nel luglio dello stesso anno); dimissioni contestuali di tutti e cinque i componenti della Commissione il 27 ottobre 2014; e infine, “in considerazione dei tempi necessari per assicurare la piena funzionalità della Commissione”, una duplice proroga di sessanta giorni dei termini relativi al procedimento di controllo dei rendiconti dei partiti politici (nonché del termine per la presentazione da parte dei partiti delle richieste di accesso alle agevolazioni fiscali) inserita nel decreto “mille proroghe” (d.l. 31 dicembre 2014 n. 192, convertito in l. 27 febbraio 2015, n.11)».

La conclusione di Daniela Piccio è di grande chiarezza ed efficacia, e la indirizziamo quindi agli esperti di fake-decisionmaking che siedono in Parlamento e tra i banchi del governo: «L’istituzione di meccanismi di controllo stabili, politicamente indipendenti ed efficaci costituisce tra gli aspetti più importanti dell’intera disciplina del finanziamento alla politica. Se, tuttavia, tali meccanismi non svolgono la loro funzione non essendo di fatto messi nelle condizioni di operare, si compromette la stessa ragion d’essere della loro disciplina».