Competenze e formazione sono due aspetti cardine per lo sviluppo. Due articoli pubblicati su Lavoce.info mettono a fuoco il tema, da diverse prospettive, cercando di evidenziarne i punti critici rispetto alla situazione italiana. La psicologa Raffaella Ida Rumiati entra nell’argomento recensendo il libro Le Competenze, curato da Luciano Benadusi e Stefano Molina e pubblicato all’inizio del 2018 da il Mulino. «Secondo [alcuni pregiudizi diffusi], l’approccio per competenze promuoverebbe una educazione interessata e bassa, perché finalizzata a produrre capitale umano per il mondo del lavoro. Secondo alcuni benpensanti, una simile istruzione rappresenterebbe una minaccia per l’educazione disinteressata e alta, per la quale il sapere deve essere sganciato da qualsiasi finalità a esso estranea. In contrapposizione a questa visione classista, l’istruzione per competenze promuove più democrazia perché contribuisce a migliorare lo sviluppo umano e le relazioni sociali (le competenze di cittadinanza). I dati di una recente sperimentazione coordinata dall’Anvur (http://www.anvur.it/news/versione-integrale-rapporto-biennale-2018/) (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca) con vari atenei italiani va nella direzione indicata dagli autori: le competenze disciplinari acquisite dagli studenti delle professioni sanitarie durante il corso di studi dipendono dalla didattica per competenze impartita e non dalle caratteristiche iniziali di contesto (titolo di studio dei genitori, status socio-economico, scuola frequentata o altro)».

Dopo avere affrontato alcuni aspetti teorici legati al concetto di competenze, gli autori si confrontano con le politiche educative: sistemati gli aspetti concettuali, bisogna capire come applicare i modelli alla realtà. Queste le osservazioni di Rumiati in merito alle conclusioni degli autori: «L’idea di competenze ha modificato il modo di guardare e organizzare il lavoro, trasformando politiche sociali passive di welfare in politiche attive e centrate sulla formazione dei lavoratori. E i sistemi educativi? Gli autori individuano fattori di accelerazione e di rallentamento dell’affermazione dell’idea di competenze nella scuola e nell’università. Le raccomandazioni dell’Unione Europea, volte a integrare le competenze per la cittadinanza e per l’apprendimento permanente nelle politiche educative dei singoli paesi membri, hanno spianato la strada alla normativa scolastica e universitaria sulle competenze anche nel nostro paese. Tuttavia, la traduzione è avvenuta in modo parziale per ragioni ideologiche e organizzative, come l’ostilità di settori del corpo insegnante di scuola e università. L’opposizione è stata forse generata da una comunicazione un po’ miope, che ha contrapposto bruscamente alla didattica trasmissiva e tradizionale quella attiva e collaborativa delle competenze, sempre più identificata con un riduzionismo ai test che non rende merito della portata innovativa del progetto pedagogico. Gli altri fattori che hanno contribuito al rallentamento del processo di adeguamento dei sistemi scolastici sono la formazione troppo tradizionale degli insegnanti, l’assenza di una didattica innovativa, la rigidità di calendario e orari, i rapporti tra docenti e tra questi e gli studenti, e l’inadeguatezza della dotazione informatica».

Su questi aspetti hanno un forte impatto la politica e le riforme del sistema di reclutamento e valutazione degli insegnanti, che in Italia si susseguono a cadenze piuttosto regolari, governo dopo governo. «Il succedersi dei cambiamenti spesso non risponde alla logica di migliorare l’esistente – scrive l’economista Carlo Dell’Aringa –, secondo il metodo dei “tentativi ed errori”, ma a una filosofia di breve respiro che consiste nell’accontentare coloro che si ritengono danneggiati dagli interventi attuati dai governi precedenti. In questo modo, si creano le premesse per successivi cambiamenti in senso contrario. D’altra parte, quella della scuola è una fabbrica troppo importante che, con il suo indotto di famiglie, docenti e alunni, attira inevitabilmente una forte attenzione da parte di coloro che coltivano il consenso elettorale». Le ultime riforme confermano questa tendenza, e infatti, conferma l’autore, «Siamo tornati quindi punto e a capo, in attesa di ulteriori iniziative del nuovo governo».

(Foto di Smart su Unsplash)