Il 2018 ci accoglie come meglio non poteva, con il complotto dei sacchetti a pagamento per frutta e verdura nei supermercati. La legge approvata lo scorso agosto, ed entrata in vigore dal primo gennaio di quest’anno, prevede che anche i sacchetti “ultraleggeri” utilizzati per pesare i prodotti ortofrutticoli siano fatti di materiale biodegradabile, e che sia dichiarato nello scontrino il costo pagato dal cliente.
Fatta la legge, trovato il complotto, si potrebbe dire, modificando leggermente un celebre adagio. Non appena è entrata in vigore la legge, infatti, è cominciata a circolare attraverso le sempreverdi “catene di sant’Antonio” una pseudo-notizia che individuava in un’imprenditrice italiana, Catia Bastioli, la beneficiaria del provvedimento. Nel messaggio circolato, questa veniva definita “amica di” o “vicina a” Matteo Renzi. Ed effettivamente vicina al segretario del Partito Democratico la Bastioli lo è stata almeno in un’occasione, alla Leopolda del 2011, a cui è stata invitata (non da Renzi, come ha specificato) a parlare. La prossimità dei due sembrerebbe finire qui, almeno per quanto si può ricostruire.
La bufala accusava Bastioli di essere a capo dell’azienda “monopolista del settore” dei sacchetti biodegradabili in Italia, e dunque la legge sarebbe un favore alla sua impresa, che avrebbe visto aumentare il suo fatturato. In realtà, per quanto l’azienda di Bastioli sia molto grande («Nel 2016 abbiamo fatturato 170 milioni di euro, con circa una quota di mercato del 50 per cento a livello europeo», ha detto l’imprenditrice a Repubblica), in Italia ci sono circa altre 150 aziende che compongono il settore del bioplastico, quindi non si può parlare di monopolio.
Purtroppo non sempre il giornalismo si fa carico di smontare le fake news, anzi, spesso le usa per attrarre visite e lettori, alimentando la diffusione e la credibilità di notizie palesemente false o non verificate. Tra i tanti ci è caduto anche L’Adige, quotidiano locale ma con una storia di impegno sulla qualità dell’informazione, che in un articolo del 2 gennaio scrive, tra le altre cose: «Il provvedimento determinerà un aggravio di spesa che potrà raggiungere i 50 euro annui a famiglia, laddove il costo degli shopper avrebbe dovuto essere interamente a carico dei supermercati e dell’industria». Non si sa quale sia la fonte di questo dato, ma da un’analisi Gfk-Eurisko ripresa dall’Ansa le cose sembrano stare diversamente: «Le famiglie italiane effettuano in media 139 spese all’anno nella Grande distribuzione. Ipotizzando che ogni spesa comporti l’utilizzo di tre sacchetti per frutta/verdura, il consumo annuo per famiglia dovrebbe attestarsi a 417 sacchetti, per un costo compreso tra 4,17 e 12,51 euro (considerando appunto un minimo rilevato di 0,01 e un massimo di 0,03 euro)». Prima di dare la colpa al governo (che potremmo dichiarare sport nazionale al pari del ruolo di commissario tecnico della nazionale di calcio), di qualunque colore, è opportuno verificare le informazioni e approfondirle un minimo. Almeno quanto basta per non finire nelle trappole del complottismo che, nonostante la facilità con cui è possibile reperire informazioni di qualità su Internet, gode di una certa fortuna in questo periodo.
Per inquadrare questa legge, è bene sapere che riprende una direttiva europea del 2015, che riguardava l’uso dei sacchetti leggeri. Direttiva che l’Italia non aveva provveduto a recepire nei tempi previsti, e per la quale l’Unione aveva avviato una procedura d’infrazione contro il nostro Paese. Non è stata proprio una scelta arbitraria dunque, ma un atto dovuto, visto che facciamo parte dell’Ue.
I sacchetti di plastica sono tra le maggiori cause di inquinamento dei mari, e trovare un modo per utilizzarne di meno è un vantaggio per tutti. Sempre che uno sia interessato all’ecosistema di cui facciamo parte. «I sacchetti dovranno essere composti da materiali biodegradabili e compostabili con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 40 per cento, che diventerà 50 per cento dal primo gennaio 2020 e 60 per cento dal primo gennaio 2021», quindi il consumo di plastica andrà riducendosi. E anche il consumo di sacchetti in genere potrebbe ridursi, visto che quelli utilizzati per la spesa potranno essere riutilizzati per la raccolta dei rifiuti organici (trovando il modo di rimuovere l’etichetta del prezzo, magari evitando di applicarla sul fondo del sacchetto). Si poteva fare di meglio? Probabile, ma questo si può dire per qualsiasi legge. Sarebbe bello (e molto comodo) spiegare tutto con i complotti, ma purtroppo la realtà è più complessa.
(Foto di European Parliament su flickr)