I cosiddetti decreti “sicurezza” e “sicurezza bis”, varati nel corso del precedente esecutivo su iniziativa dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, presentavano secondo alcuni esperti due grosse criticità. Un’inchiesta di Openpolis e ActionAid ha analizzato le loro conseguenze, a circa un anno dall’entrata in vigore. Le due misure maggiormente problematiche riguardavano, da un lato, l’abolizione della protezione umanitaria, con conseguente consistene aumento del numero di immigrati diventati irregolari; dall’altro, una modifica del sistema di accoglienza che penalizza fortemente i piccoli centri (che avevano dimostrato di funzionare bene, sia in termini di integrazione che di utilizzo delle risorse) a favore di quelli più grandi, spesso protagonisti di gestioni problematiche e incapaci di fornire servizi che vadano oltre il vitto e l’alloggio. Conseguenze che puntualmente si stanno verificando e che difficilmente possono essere considerate coerenti con la dicitura “sicurezza”. Portare molte persone in uno stato di irregolarità aumenta infatti le probabilità che queste finiscano per doversi adattare a forme di clandestinità e marginalità.

Azzerato il sistema di accoglienza

Azzerare un sistema di accoglienza che si stava dimostrando efficace significa interrompere un percorso di inserimento e integrazione che andava oltre il semplice sostentamento. Imparare la lingua e potersi appoggiare a un sistema relazionale favoriva l’inserimento delle persone accolte nelle comunità locali. Centri più grandi e spesso mal gestiti favoriscono invece l’isolamento e la marginalizzazione. «La chiusura dei piccoli centri comporta per i rifugiati e i richiedenti asilo l’interruzione dei percorsi d’inserimento sociale e lavorativo. Il trasferimento in città e paesi diversi può anche voler dire l’abbandono di ogni tentativo di integrazione e quindi la marginalità e la strada, con tutti i costi sociali connessi. Un quadro questo aggravato dalla deliberata “produzione” di irregolari attraverso le nuove previsioni normative come l’abrogazione della protezione umanitaria», ha dichiarato Livia Zoli, responsabile dell’unità Global Inequality & Migration di ActionAid.

Non c’era motivo di abolire la protezione internazionale

Come osserva l’inchiesta di Openpolis, la consistente riduzione degli sbarchi registrata negli ultimi anni (cominciata durante il governo Gentiloni, quando agli Interni c’era Marco Minniti) aveva portato a una analoga consistente riduzione delle richieste di asilo. Se anche negli anni si era accumulata una certa quantità di domande ancora non esaminate, la riduzione degli sbarchi stava portando a una forte riduzione delle richieste pendenti (passate da 134.475 nel giugno 2018 a 63.380 nel giugno 2019). La misura sembra dunque piuttosto arbitraria, dato che non c’è alcuna emergenza relativa al numero di sbarchi, che anzi sono arrivati ai minimi storici. «In numeri assoluti significa che nel 2019 il totale dei dinieghi si avvicinerà alla cifra di 80mila persone che rischieranno di essere  estromesse dal sistema e destinate, in gran parte, ad aggiungersi alla popolazione degli irregolari – scrive Openpolis –. Questa dal 2013 è in costante crescita, a  causa principalmente della sostanziale chiusura dei canali legali di  ingresso per motivi lavorativi. In questo scenario stimiamo che il numero degli irregolari potrà arrivare a circa 680mila entro il 2019 e superare i 750mila a gennaio del 2021».

(Foto di Kyle Glenn su Unsplash)