Oggi è stato proclamato uno sciopero generale delle donne, contro ogni violenza di genere. Secondo l’ultimo rapporto sul Global Gender Gap, proiettando nel futuro i trend attuali, la piena parità di genere sarà raggiunta tra 108 anni. Le disparità più gravi riguardano il lato economico, che da solo prenderebbe 202 anni per essere risolto, e quello dell’empowerment politico, che richiederebbe 107 anni. Sono stime basate sui dati che il World Economic Forum (WEF) raccoglie dal 2006 su un numero crescente di paesi. Per quanto riguarda l’Italia, i dati non sono particolarmente confortanti, visto che secondo l’indice elaborato dai ricercatori (il Global Gender Gap score) il nostro paese si situa al 70esimo posto su 149 paesi considerati.

Uno dei fattori più difficili da rilevare, e di cui spesso non si è consapevoli a livello individuale, sono gli stereotipi di genere. Sul sito del World Economic Forum, Ina Toegel e Maude Lavancy (professoressa e ricercatrice alla IMD Business School) trattano l’argomento portando i risultati di alcune ricerche che hanno cercato di indagare questo delicato aspetto, cercando poi di sintetizzare i tre punti su cui secondo loro dovrebbe incentrarsi l’azione delle donne per cambiare le cose.

La ricerca conferma che, indipendentemente da fattori culturali, temporali e di contesto, gli uomini sono generalmente visti come più competenti, orientati al successo, predisposti a ruoli di comando, autonomi e razionali. Le donne sono invece associate a caratteristiche quali l’attenzione verso gli altri, la tendenza all’attaccamento, la deferenza e una maggiore sensibilità emotiva. Questi stereotipi valgono anche al contrario: gli uomini non dovrebbero mostrare eccessivamente cordiali e le donne non dovrebbero essere troppo dominanti.

Altre ricerche raccontano aspetti relativi al credito che si dà alle donne nel raggiungimento di un obiettivo. Quando donne e uomini collaborano in attività generalmente associate al mondo maschile, il maggiore riconoscimento per il successo è riservato agli uomini, mentre le donne hanno più probabilità di essere accusate in caso di fallimento. Per andare oltre questi automatismi è necessario che il contributo delle donne sia evidente e indiscutibile, o che la loro competenza nella mansione richiesta sia molto alta.

Per quanto riguarda le opportunità di promozione, si è osservato che gli uomini sono premiati per le loro potenzialità, mentre le donne per ciò che fanno. Uscire dallo stereotipo può costare caro dal punto di vista professionale. Le donne considerate “dominanti” sono meno apprezzate e hanno meno possibilità di essere assunte rispetto agli uomini. Nel negoziare una promozione, in uno studio si è visto che le donne hanno il 30 per cento di probabilità in più di essere considerate aggressive, prepotenti o intimidatorie. Conformarsi agli stereotipi (maschili) significa quindi essere percepite come meno competenti e affidabili, mentre un atteggiamento troppo “maschile” (sempre ragionando per stereotipi) rischia di scatenare una reazione negativa dall’altra parte.

Le autrici dell’articolo spingono quindi le donne a impegnarsi su tre fronti: 1. Studiare, perché la conoscenza è potere. 2. Entrare in campi tradizionalmente maschili e far sentire la propria voce. 3. Essere pronte a ribattere. Qualcuno ricorderà la ferma reazione della calciatrice Ada Hederberg a seguito del commento sessista del DJ francese Martin Solveig durante la cerimonia di consegna del Pallone d’Oro, quando le chiese se sapesse fare il twerking. Dopo la reazione (e i tanti commenti di disapprovazione che ne sono seguiti), Solveig si è sentito costretto a chiedere scusa. È un segnale verso tutte le donne: in casi come questo, bisogna sapere reagire.