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Il femminicidio non è un fatto isolato o frutto di un “raptus”: è l’esito estremo di un sistema di disuguaglianze e violenze radicate nella cultura patriarcale. Le risposte repressive e securitarie, come il disegno di legge sull’introduzione del reato di femminicidio, non bastano. Ne scrive Scienza in Rete.

Aumenta, purtroppo a ritmo costante, l’elenco dei nomi che si aggiungono alla conta delle vittime di femminicidio e la stampa, assieme alla politica, torna a parlare di violenza contro le donne. L’argomento meriterebbe attenzione tutti i giorni dell’anno, non solo quando i fatti di cronaca lo richiamano, e deve essere affrontato con gli strumenti giusti: quelli della prevenzione e dell’educazione, perché le misure repressive non sono sufficienti a scoraggiare gli atti di violenza. Ancora oggi, però, in Italia c’è chi si oppone ai programmi scolastici di educazione sessuale e affettiva mirati a superare gli stereotipi e la discriminazione di genere.

Il 30 maggio scorso, la Presidente Meloni, nel commentare il femminicidio di Martina Carbonaro, ha dichiarato: «Abbiamo lavorato tanto (…) ma delle volte ti senti veramente disarmato, non so come dire, perché le leggi le abbiamo fatte, ma la questione è più ampia, e forse non la stiamo neanche capendo completamente (…) mi ha lasciato senza fiato (…) È un dibattito che va aperto. Confesso che non ho le risposte, ma se non ci facciamo le domande non possiamo trovarle».

Queste dichiarazioni non possono non essere oggetto di analisi perché, forse non intenzionalmente, fanno emergere tutti i limiti e l’inefficacia degli strumenti che il Governo ha messo in campo. Occorre dunque rimettere in fila i provvedimenti che sono stati adottati da questa legislatura e inserirli dentro la cornice politica e culturale nella quale sono collocati.

Femminicidio: un fenomeno sistemico?

Prima di tutto bisogna partire dalla definizione di femminicidio e dall’evoluzione che questo termine ha avuto nella storia.
Il femminicidio non è un evento isolato, frutto di un raptus, ma l’apice di un continuum di violenza che comprende abusi fisici e sessuali, psicologici ed economici, discriminazione, sfruttamento, negazione delle risorse e dell’accesso ai servizi. Lo dimostrano i dati sulla violenza contro le donne nel mondo, pubblicati periodicamente dall’Organizzazione mondiale della sanità, che la definisce «un enorme problema di salute pubblica di portata globale, presente in tutte le regioni, che riguarda tutte le fasce sociali, produce grande sofferenza umana e comporta costi economici rilevanti».

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(Immagine di rawpixel.com su Freepik)

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