
Nel percorso per una lotta “di sistema” alla corruzione, l’Italia è ancora all’inizio del cammino. Lo confermano il disegno di legge approvato dal Senato e il rapporto pubblicato da Transparency International sull’influenza invisibile delle lobby. Del primo (che attende la votazione da parte della Camera) fa un’interessante analisi il sito Lavoce.info, spiegando che si tratta sicuramente di un passo nella giusta direzione, ma che potrebbe rivelarsi di scarsa efficacia, mancando di alcune misure fondamentali.
Le due novità principali sono costituite dall’inasprimento delle pene per molti reati legati alla corruzione e dalla reintroduzione del falso in bilancio. Ma, come abbiamo già detto molte volte su ZeroNegativo e come sostengono anche gli autori dell’articolo, il problema italiano non è dato tanto dalla scarsa severità delle pene, quanto dalla bassa probabilità che queste trovino effettiva applicazione. L’alta aspettativa di impunità è «causata in particolare dalle modalità di calcolo dei tempi di prescrizione e dall’indebolimento dei reati sentinella (come abuso d’ufficio, falso in bilancio, reati tributari e altri, indagando sui quali i magistrati arrivano talvolta a scoprire una sottostante corruzione), oltre che sulla complessa codificazione dei corrispondenti reati». Per scardinare i sistemi corruttivi, che in Italia hanno raggiunto alti livelli di codificazione assieme a una grande creatività nell’eludere le norme che man mano cercano di intervenire sul problema, è necessaria una riforma organica che nessun governo, tra quelli che si sono succeduti negli ultimi anni, ha avuto la prontezza o l’interesse di proporre al Parlamento. Volendo dare uno sguardo a ciò che sta accadendo in queste ore, sembra assurdo porre la questione di fiducia su un tema squisitamente parlamentare come la legge elettorale, mentre non si fa del l’approvazione di una legge anticorruzione organica e di alto profilo un punto fermo del programma di governo.
Talvolta sembra che dalle leggi che intervengono sulla materia manchino “appositamente” dei dispositivi che diano una svolta netta verso attività chiaramente percepite come illegali, ma che nei fatti non lo sono più, a causa di leggi che le hanno cancellate dal codice. «Non si introducono infatti meccanismi che – analogamente a quanto già accade per la lotta alla criminalità organizzata – potrebbero migliorare la capacità di scoprire o perseguire i reati di corruzione, mediante un ricorso più esteso alle intercettazioni, o tramite la figura dell’agente sotto copertura. Lo stesso ripristino del falso in bilancio, auspicato da tutti gli osservatori internazionali, appare indebolito proprio dalla chirurgica previsione di una pena massima di cinque anni per la stragrande maggioranza di imprese non quotate in borsa, tetto che impedirà il ricorso alle intercettazioni». Perché inserire questo distinguo? Forse le aziende non quotate in borsa hanno meno propensione a delinquere, o al contrario quelle quotate ne hanno di più? Che un’azienda non sia quotata non significa che sia piccola o che la sua rete d’influenza non riguardi un indotto dalle cifre considerevoli. Perché quindi privarsi di uno strumento d’indagine che spesso (per quanto eccessivamente commentato e banalizzato da molta stampa e talk show) si è rivelato fondamentale per l’accertamento di reati finanziari?
Il clima di scarsa capacità di intervento della politica italiana sulla corruzione è certificato, come si diceva in apertura, dall’ultimo rapporto di Transparency International sui sistemi di lobbying. Questi, infatti, non sono in alcun modo regolamentati nel nostro Paese, il che li rende impermeabili a qualsiasi logica di trasparenza. E infatti la classifica ci vede al terzultimo posto tra i diciannove Stati analizzati. Particolarmente grave il fenomeno delle cosiddette “porte girevoli”, ossia il frequente passaggio di dirigenti dal settore pubblico a quello privato, per cui gli stessi soggetti si ritrovano spesso, dopo anni alla guida di un ente pubblico, a ricoprire incarichi di alto profilo in aziende che verso quell’ente fanno attività di lobbying. Soluzioni al problema, proposta da Transparency International Italia, potrebbero essere l’istituzione di «un registro pubblico e obbligatorio dei lobbisti, chiarezza negli incontri tra i lobbisti e i membri del Parlamento o i pubblici ufficiali, e la “regolamentazione del fenomeno delle porte girevoli”».
Avis Legnano e ZeroNegativo augurano buon primo maggio a tutti quelli che un lavoro ce l’hanno. A chi lo sta cercando, l’augurio di trovarlo al più presto. Appuntamento a lunedì 4 maggio per il prossimo post.