A differenza di quanto avevano concluso alcuni studi (di cui avevamo dato notizia anche noi), pare non ci siano correlazioni evidenti tra i gruppi sanguigni e i fattori di rischio legati al coronavirus. Lo scrive il New York Times, citando studi più recenti che smentiscono quanto stabilito da altri condotti in precedenza. Non è vero dunque che le persone di gruppo sanguigno A abbiano più probabilità di sviluppare una forma più grave della malattia. O meglio, una leggera differenza potrebbe esserci, ma appunto talmente leggera da non poter essere ritenuta significativa. Come hanno fatto notare gli scienziati, il rischio è di generare un falso senso di sicurezza nelle persone solo perché appartengono a un certo gruppo sanguigno. Questo può indurre a comportamenti meno responsabili, e quindi ad aumentare i fattori di rischio. Rivedendo le cartelle cliniche di 7.700 pazienti (quindi ben più dei 1.559 considerati in uno studio precedente), i ricercatori della Columbia University hanno effettivamente trovato delle differenze nel rischio che i diversi pazienti fossero sottoposti a ventilazione forzata. Ma il problema è che nelle analisi considerate non c’è un numero bilanciato di casi per gruppo sanguigno (per esempio gli AB sono molto più rari nel campione). Il rischio di dare quindi indicazioni errate è molto alto.

Confronti tra ricerche

C’è da dire che la ricerca citata dal Times è ancora in fase di pre-print (cioè in attesa della peer review necessaria prima di poter essere stampata), mentre lo studio a cui facevamo riferimento nel precedente articolo sul tema è invece pubblicato (e tuttora disponibile) sul New England Journal of Medicine. Tale ricerca prendeva in considerazione quasi 2 mila casi di sette ospedali distribuiti tra Spagna e Italia. Inoltre in quello studio non si parlava di “probabilità di essere infettati”, come si dice nelle nuove ricerche, bensì della “probabilità che una persona infetta sviluppi conseguenze gravi”. Da qui la scelta del nostro titolo. Da un lato queste nuove evidenze non smentiscono del tutto le precedenti, però non le confermano nemmeno, e quindi concludiamo che è semplicemente troppo presto per dire se una correlazione ci sia o meno.

Cosa ci dicono i gruppi sanguigni

Lo studio del rapporto tra COVID-19 e gruppi sanguigni non è però inutile, anzi, ci può dire cose importanti sul virus. I gruppi sanguigni influenzano infatti il modo in cui il sistema immunitario reagisce di fronte alle infezioni. È stato osservato che gli organismi con gruppo sanguigno A non sviluppano lo stesso tipo di anticorpi del gruppo B, per esempio. Questo potrà quindi dirci qualcosa circa eventuali connessioni tra gruppi sanguigni e coronavirus. Inoltre ci sono prove del fatto che i vari gruppi sanguigni hanno un diverso rischio di coagulazione, ed è stato dimostrato che il coronavirus può portare a sviluppare un gran numero di piccoli coaguli sanguigni. Paradossalmente, l’altissimo numero di nuovi contagi che si stanno diffondendo negli Stati Uniti, a causa delle riaperture troppo affrettate, fornirà moltissime nuove opportunità di studio per i ricercatori, che potranno prendere in considerazione più pazienti distribuiti in aree geografiche più vaste.

(Foto di National Cancer Institute su Unsplash)