di Federico Caruso
La corsa è un’attività che ha un impatto consistente sull’articolazione delle ginocchia, e viene spesso associata allo sviluppo di artrosi in quella zona. In realtà, però, non è ancora chiaro se ci sia una correlazione tra le due cose. Diversi studi ed esperimenti sono stati condotti sull’argomento nel corso degli anni, portando a conclusioni molto diverse e talvolta opposte. C’è addirittura chi sostiene che non solo la corsa non abbia un effetto negativo sullo sviluppo di artrosi alle ginocchia, ma che addirittura possa favorire un adattamento della cartilagine e quindi un miglioramento delle condizioni dell’articolazione. La cartilagine non ha un proprio sistema di afflusso sanguigno e quindi si pensa che abbia possibilità molto limitate di auto-ripararsi una volta danneggiata, o in generale di cambiare dopo l’infanzia. Secondo questo ragionamento, correre con frequenza consumerebbe progressivamente la cartilagine portando inevitabilmente a un’artrosi invalidante. Se così fosse, però, tutti i runner di lungo corso dovrebbero sviluppare problemi alle ginocchia, mentre sappiamo che non è così. Nonostante la ricerca abbia confermato che correre sollecita le ginocchia più che camminare, non è chiaro se e quanto dannosa questa attività fisica sia per le articolazioni. Ma andiamo con ordine.
Assenza di prove e prove di assenza
Una celebre massima coniata dall’astronomo Martin Rees recita che “l’assenza di prove non è prova dell’assenza”. Un aforisma diventato molto popolare nel mondo scientifico, che si basa spesso sull’uso della statistica per stabilire correlazioni e conclusioni rispetto ai fenomeni studiati. Secondo quanto riporta una revisione sistematica del 2016, «non è possibile concludere se correre sia associato a diagnosi di artrosi alle ginocchia, e gli studi offrono conclusioni divergenti». Dopo avere esaminato migliaia di ricerche sull’argomento, dunque, i ricercatori hanno rilevato “assenza di prove” di tale correlazione, che però non è abbastanza per parlare di “prove di assenza”. Uno dei problemi è la quantità di fattori di rischio che possono influire sullo sviluppo della malattia: obesità, il tipo di lavoro che si fa, eventuali infortuni, ma anche età, genere, condizioni genetiche, etnia, ecc. «Comunque – riporta a un certo punto la revisione sistematica, sbilanciandosi – una conclusione chiave di questa meta-analisi suggerisce che chi corre abbia una probabilità del 50 per cento in meno di essere sottoposto a un intervento chirurgico per artrosi».
I risultati di un nuovo studio
La ricerca su questo tema è stata spinta in avanti da studi recenti condotti su animali, che hanno dimostrato che la cartilagine sia più resiliente di quanto si pensasse. Si è osservato infatti che gli animali che corrono di più hanno una cartilagine più spessa e in salute rispetto a quelli sedentari, suggerendo che quest’ultima si modifichi in risposta alla loro attività fisica. Un nuovo studio pubblicato quest’estate, di cui scrive il New York Times, ha provato a combinare l’osservazione motoria attraverso la tecnica del motion capture con modelli teorici che cercano di costruire possibili sviluppi futuri sui fenomeni osservati. Dopo avere raccolto i dati su un gruppo di runner, i ricercatori hanno applicato dei modelli teorici che prevedevano tre scenari possibili. Nel primo, se la cartilagine non fosse in grado di cambiare in alcun modo, chi corre avrebbe il 98 per cento di probabilità di sviluppare artrosi alle ginocchia. La percentuale scende di pochissimo (95 per cento) ipotizzando che essa sia in grado di auto-ripararsi. Le cose cambiano però se si assume che la cartilagine sia in grado di adattarsi attivamente, diventando più spessa e capace di attutire i colpi man mano che le persone praticano la corsa. In quest’ultimo caso la percentuale di rischio scende al 13 per cento, la stessa rilevata in chi non corre ma si limita a camminare. Si tratta ovviamente di risultati teorici, speculativi, che però confermano la necessità di ulteriori ricerche in questo campo e che l’assioma secondo cui corsa e problemi alle ginocchia sarebbero direttamente collegati è ancora da dimostrare.
(Foto di Clem Onojeghuo su Unsplash)