Nella serata del 5 ottobre, il Consiglio dei ministri ha approvato un nuovo decreto che modifica i cosiddetti “decreti sicurezza”, fortemente voluti due anni fa dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. Secondo alcuni è un bel passo avanti verso un nuovo approccio al problema, mentre alcune voci provenienti dal mondo del soccorso umanitario ritengono che nella sostanza sia cambiato meno di quanto sembra. Vediamo le cose principali da sapere.
Le novità del decreto
Eleonora Camilli ha spiegato su Redattore Sociale quali sono le novità del decreto. Vediamo di seguito alcuni passaggi del suo articolo. «Dodici gli articoli contenuti nel nuovo dispositivo che ripristina il sistema di accoglienza ex Sprar, introduce la protezione speciale (una sorta di nuova protezione umanitaria), prevede nuove disposizioni per le ong che operano in mare (scompaiono le multe milionarie, ma resta la sanzione che passa dal piano amministrativo a quello penale e che potrà avere un importo dai 10mila ai 50mila euro)». Più nel dettaglio, «è vietato il respingimento di chi rischia di essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti, oltre che a tortura, nel proprio paese. Non solo, il divieto di respingimento ed espulsione è previsto anche “nei casi in cui il rimpatrio determini il rischio di una violazione del diritto alla vita privata e familiare”. Il rilascio della protezione speciale, che avrà la durata di due anni, è previsto in questi casi. Il decreto amplia anche la casistica dei permessi di soggiorno convertibili per lavoro: “si tratta dei permessi di soggiorno per protezione speciale (ad eccezione dei casi per i quali siano state applicate le cause di diniego ed esclusione della protezione internazionale) per calamità, per residenza elettiva, per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, per attività sportiva, per lavoro di tipo artistico, per motivi religiosi e per assistenza minori. Viene, poi, riprisinata l’iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo”». Camilli spiega poi come funzionerà in concreto la nuova procedura per accoglienza e assistenza: «Le attività di prima assistenza continueranno a essere svolte nei centri governativi ordinari e nei Cas. La seconda accoglienza, invece, si articola su due livelli: uno dedicato ai richiedenti asilo e uno ai titolari di protezione. Solo in quest’ultimo caso si prevedono servizi aggiuntivi finalizzati all’integrazione. Una distinzione che non piace alle organizzazioni che si occupano di tutela dei diritti di migranti e rifugiati, e che da tempo chiedevano il ripristino dei servizi per tutti». Vengono ridotti i tempi di risposta per le richieste di cittadinanza per residenza o matrimonio, ma con un compromesso non particolarmente significativo. Se i precedenti decreti avevano portato i tempi di risposta per le domande da 2 a 4 anni, il nuovo provvedimento porta il limite a 3 anni.
Alcune reazioni
Il giudizio di Marco Bertotto, responsabile Advocacy di Medici senza Frontiere, è piuttosto netto: «È un decreto che strombazza principi di solidarietà e accoglienza ma, nei fatti, non smantella il messaggio propagandistico sul soccorso in mare. Le multe vengono ridotte ma rimane il principio di criminalizzazione delle ong. […] Dopo una stagione estiva caratterizzata da naufragi e morti in mare, ci sembra una contraddizione profonda vedere che nel testo non c’è nessun riferimento a misure da adottare per rafforzare il salvataggio nel Mediterraneo centrale. Nei fatti l’attuale Governo ha continuato a chiudere i porti, utilizzando però tecniche diverse e nuove norme per fermare navi e aerei civili. Si fa tutto con meno livore, meno propaganda e meno violenza, ma anche solo la riduzione delle multe fa capire come si mantenga la logica finta che vede nel soccorso un’attività di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare».
Un giudizio complessivamente più favorevole arriva invece da Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr (l’Agenzia ONU per i rifugiati), che sulla Stampa di ieri scriveva: «Non crediamo che l’Italia sia diventata improvvisamente perché non è mai stata cattiva. Il nostro Paese ha sempre vantato una rete di solidarietà e una convinzione profonda del valore del vivere civile. È accaduto invece che per lungo tempo, complice anche l’acquiescenza dei media, sia stata iniettata nel tessuto sociale la paura dei migranti e dei rifugiati, la percezione di una minaccia che però non era reale e che quando il Covid-19 si è materializzato si è mostrata per quello che era, poca cosa».
(Foto di Kyle Glenn su Unsplash)