Le implicazioni pratiche di questo referendum costituzionale, con cui la maggioranza dei votanti ha approvato la legge sul taglio lineare dei parlamentari, saranno chiare solo tra qualche anno. Intanto, il risultato è servito a riassestare gli equilibri politici all’interno della maggioranza e tra maggioranza e opposizione. Un uso opinabile di una riforma costituzionale. Il cambiamento è sostanziale, visto che si altera profondamente il rapporto tra rappresentanti e rappresentati, seppure senza allontanarsi troppo dalla media di altri paesi europei. «Oggi ci sono un deputato ogni 96 mila abitanti e un senatore ogni 188 mila abitanti – spiega il Post –: con il taglio ci saranno un deputato ogni 151 mila abitanti e un senatore ogni 302 mila». Il risparmio in termini economici sarà invece trascurabile, per un paese come l’Italia: «Secondo l’Osservatorio dei conti pubblici italiani di Carlo Cottarelli, dopo la riforma i risparmi saranno di 57 milioni l’anno, pari allo 0,007 per cento della spesa pubblica italiana: più o meno un caffè (95 centesimi) all’anno per ciascun italiano». A guardarlo in prospettiva, questo taglio sembra il primo risultato tangibile di una stagione di “antipolitica” ben inquadrata dal libro La Casta, di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, del 2007. Lo stesso anno del primo V-Day organizzato da Beppe Grillo, che poi avrebbe aperto la strada alla confluenza di quelle istanze nel Movimento 5 Stelle, nato due anni dopo. Nel frattempo, quelle istanze sembrano un po’ sbiadite. Se per diversi anni la narrazione giornalistica e politica ha cavalcato questa impostazione, la realtà della pandemia ha messo in luce qualcosa che era intuibile già da tempo: è più urgente avere una classe politica in grado di immaginare e costruire (o meglio ri-costruire, ormai), più che una in grado di smantellare. Peraltro, la riforma in questione si è concentrata sulla politica nazionale, ma non dimentichiamo che l’Italia è di fatto un paese quasi federale. Ogni regione ha un suo “parlamento”, un suo presidente, una serie di competenze esclusive. E i suoi costi, se proprio vogliamo metterla su quel piano.
Legittimità e giustizia
Possiamo concentrarci sul piano simbolico di questa riforma, e allora avrebbe un senso (e potrebbe davvero dare il via a una serie di riforme più organiche e consistenti, vedremo), ma se stiamo su quello pratico, si è toccato un ingranaggio che, per quanto importante, lascia dietro di sé un sistema nel complesso non molto diverso da prima. Ha ragione Giorgia Serughetti che, su Domani scrive: «Il taglio dei parlamentari è la risposta sbagliata a una domanda giusta: come contrastare la tendenza allo svuotamento e alla verticalizzazione della decisione democratica? Come affrontare la crisi di legittimità del sistema politico?». Serughetti ragiona poi sul concetto di legittimità e giustizia, chiamando in causa Simone Weil: «Sul problema della legittimità rifletteva Simone Weil, in esilio a Londra, dopo l’invasione della Francia da parte della Germania nazista. Osservava la filosofa come il suo paese, ben prima della sconfitta, avesse esaurito il sentimento di legittimità delle istituzioni. L’illegalità diffusa, la sfiducia verso i governanti, l’indifferenza per la politica, tutto ciò ha fatto sì che il popolo francese, “dalle élite alla massa dei lavoratori”, abbia “aperto la mano lasciando cadere a terra il tesoro”, la legittimità, “senza neppure abbassare gli occhi per vedere dove rotolava” (Legittimità del governo provvisorio, in Una costituente per l’Europa. Scritti londinesi). […] Queste pagine risuonano nel nostro presente, in cui una politica delegittimata perché sempre più autoreferenziale e ininfluente ha smarrito un linguaggio capace di parlare a cittadini e cittadine, ha lasciato crescere l’indifferenza e allontanato la partecipazione. Ma per chi intenda davvero raccogliere il “tesoro” lasciato in terra, la retorica anti-casta è una soluzione paradossale, pretendendo di ripristinare il legame di fiducia tra rappresentanti e rappresentati attraverso un lavoro di costante delegittimazione di primi e radicalizzazione antipolitica dei secondi. La strada per riconquistare la legittimità perduta non passa dalle forbici ma dal richiamo di Weil alla giustizia, come principio e misura della capacità degli ordinamenti, e di chi li abita, di essere responsabili, di rispondere ai bisogni ed interessi del demos. Un obiettivo a cui il risultato referendario non io avvicina, che resta ancora lì, da perseguire».
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