Si temeva che l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, avvenuta il 31 gennaio 2020, avrebbe reso molto più complicate le relazioni tra le due entità territoriali in tutti gli ambiti, compreso quello scientifico. A pochissimi giorni da una possibile uscita senza accordo (no deal), e dopo l’ennesima interminabile riunione tra i rappresentanti di ciascuna parte, è stato firmato un documento che fa rientrare molte delle preoccupazioni, seppure con alcuni cambiamenti. La cosa più rilevante, come spiega Nature, è che i ricercatori britannici potranno continuare a partecipare, come membri associati, al programma Horizon Europe, ossia quella cospicua parte del bilancio europeo (da solo vale 85 miliardi di euro) che finanzia progetti di ricerca in ambito scientifico. A livello economico, si tratta di una buona notizia per tutti. Il Regno Unito finanzierà il programma con un importo proporzionale al suo prodotto interno lordo (la cifra ufficiale non è ancora stata annunciata). L’accordo prevede che, se per due anni consecutivi il Regno Unito dovesse riscuotere più soldi di quelli che versa, per una cifra superiore all’8 per cento del suo contributo, dovrà rimborsare all’Unione Europea la differenza.

Rispetto ai colleghi europei, quelli del Regno Unito saranno invece esclusi dallo European Innovation Council Fund, un nuovo soggetto destinato a supportare startup e università ad alta innovazione. Il budget di questo nuovo ente europeo dovrebbe essere di 10 miliardi di euro, e potrà erogare finanziamenti fino a 2 milioni e mezzo di euro ai beneficiari.

Energia nucleare e progetti spaziali

La ricerca nucleare europea, anche se se ne parla poco, sta continuando. Anche in questo caso il Regno Unito resterà membro associato dell’Euratom, e viene confermata la sua partecipazione a ITER, il più grande esperimento di fusione nucleare al mondo, in fase di realizzazione nel sud della Francia. Per quanto riguarda i programmi di ricerca spaziali, il Regno Unito continuerà a far parte di Copernicus, che raccoglie tra le altre cose dati satellitari su gas atmosferici, qualità dell’aria, temperature e cambiamenti nel livello dei mari. Uscirà invece da Galileo (sulla navigazione satellitare) ma continuerà a essere membro dell’Agenzia Spaziale Europea (che non è un’istituzione comunitaria).

Laboratori e test clinici

Le attrezzature di laboratorio non saranno sottoposte a dazi, anche se l’aumento dei controlli alla frontiera potrebbe rallentare le forniture. Il Regno Unito si è impegnato a mantenere gli standard qualitativi europei rispetto ai test clinici, quindi non saranno necessari controlli aggiuntivi. Un possibile problema riguarda però le ricerche effettuate in più Paesi. Nonostante l’accordo, sperimentazioni guidate dal Regno Unito che coinvolgono paesi europei dovranno avere un rappresentante con sede all’interno dell’Unione. Questo può creare problemi organizzativi, soprattutto per i gruppi di ricerca o le aziende farmaceutiche più piccoli.

Dati, studenti, immigrazione

Sul trasferimento dei dati attraverso i confini territoriali, l’Unione europea sta ancora esaminando il sistema di regole del Regno Unito e si pronuncerà sulla sua adeguatezza. Per il momento una clausola provvisoria mantiene tutto com’è per i primi sei mesi del 2021. Vale cioè anche nel Regno Unito il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), in vigore dal 2018. Com’è noto il Regno Unito ha abbandonato il celebre programma Erasmus+, rimpiazzato da una propria iniziativa denominata Turing Scheme che, secondo il governo britannico, sarà “più globale e incentrato su studenti provenienti da aree svantaggiate”. Scienziati europei in cerca di lavoro nel Regno Unito d’ora in poi dovranno fare domanda attraverso un sistema a punteggio. Le loro candidature saranno considerate assieme a quelle in arrivo da tutto il mondo, senza “corsie preferenziali”. Potranno però chiedere di ottenere il visto Global Talent, che prevede un percorso più rapido e che può culminare con la possibilità di stabilirsi nel paese in maniera permanente. Per gli scienziati britannici sarà invece più complicato cercare lavoro nei paesi dell’Unione, perché non esiste un singolo visto comunitario ma dovranno fare i conti con le regole sull’immigrazione specifiche di ogni Stato.

Attenzione: a causa di interventi tecnici il blog non sarà aggiornato da qui alla fine della settimana. Le pubblicazioni riprendono il primo febbraio. Ci scusiamo per il disagio.

(Foto di Call Me Fred su Unsplash)

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