Negli ultimi due anni, lo smart working è entrato a far parte delle nostre vite. Persisterà anche in futuro? Quali sono gli effetti su produttività e benessere dei lavoratori? Cosa possono fare le imprese? Alcune risposte in un articolo pubblicato su Lavoce.info.
Vantaggi e rischi del telelavoro
Le restrizioni messe in atto per fronteggiare il coronavirus hanno fatto conoscere lo smart working a molti italiani (8,8 milioni di occupati, pari al 40 per cento della forza lavoro, secondo un recente studio). In un precedente articolo de lavoce.info, abbiamo visto che si tratta di una forma di organizzazione del lavoro dipendente che non prevede vincoli di presenza (presso l’ufficio) o, nelle forme più spinte, di orario (9-18, per intenderci).
Come evidenziato anche qui, i vantaggi sono evidenti: i lavoratori non sono costretti a recarsi ogni giorno in ufficio (risparmiando tempo, denaro e stress – per non parlare dell’impronta ecologica del pendolarismo) e si possono occupare di altre attività legate alla sfera familiare, mentre le imprese possono tagliare costi non più necessari. Tuttavia ci sono anche rischi, specie nel lungo periodo: isolamento e fusione della vita professionale con quella privata potrebbero ridurre il benessere dei lavoratori, mentre la mancanza di interazione continua con i colleghi potrebbe ostacolare lo sviluppo di nuove idee, necessarie per la crescita della produttività.
Nel paper “The Role of Telework for Productivity during and post-Covid-19” (con Peter Gal e Timo Leidecker) abbiamo utilizzato i dati raccolti con un questionario distribuito a lavoratori e imprese di 25 paesi per comprendere le esperienze e aspettative generate dallo smart working e per analizzarne le relazioni con la produttività del lavoro. Questo articolo riporta alcuni risultati specifici al caso italiano.
Lo smart working nel futuro
Quali sono le previsioni di datori di lavoro e dipendenti sull’utilizzo dello smart working nel periodo post-pandemico? Abbiamo chiesto alle imprese di indicare, alla luce dell’esperienza passata, l’allocazione ideale dei lavoratori (dal punto di vista della performance dell’impresa) secondo varie intensità di smart working e abbiamo chiesto ai dipendenti di indicare le loro aspettative. L’intensità viene intesa sia come quota della forza lavoro coinvolta sia come frequenza settimanale dello smart working.
Le opinioni di datori di lavoro e dipendenti convergono nell’attribuire a questa forma di lavoro un ruolo crescente in futuro. Tuttavia, le imprese prevedono di rendere possibili forme di smart working per circa il 40 per cento della forza lavoro, mentre le aspettative dei dipendenti sono più radicali (Figura 1a). In media, i lavoratori si aspettano che il 70 per cento della forza lavoro potrà fare smart working nel periodo post-pandemico. Datori di lavoro e dipendenti sono anche concordi nell’attestare la frequenza ideale dello smart working tra i due e i tre giorni a settimana: solo il 12 per cento dei dipendenti e il 3 per cento dei datori di lavoro si aspetta un totale lavoro a distanza.
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(Foto di Mikey Harris su Unsplash)
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