Negli ultimi giorni sono stati segnalati oltre 120 casi di vaiolo delle scimmie, una malattia virale raramente riscontrata al di fuori dell’Africa, in almeno 11 Paesi non africani. La comparsa del virus in diverse popolazioni mondiali ha allarmato gli scienziati, che si sono attivati in cerca di risposte.
Come spiega Nature, il virus è chiamato vaiolo delle scimmie perché è stato individuato per la prima volta in scimmie da laboratorio nel 1958, ma si pensa che si trasmetta alle persone anche da altri animali selvatici, come i roditori, o da altre persone infette. Mediamente, in un anno in Africa si verificano alcune migliaia di casi, in genere nelle zone occidentali e centrali del continente. Ma i casi al di fuori dell’Africa sono stati finora limitati a una manciata di casi associati a viaggi nel continente o all’importazione di animali infetti.
Ma, tengono a precisare gli scienziati, il vaiolo delle scimmie non è il SARS-CoV-2, il virus responsabile del COVID-19: non si trasmette da persona a persona con la stessa facilità e, poiché imparentato con il virus del vaiolo, esistono già trattamenti e vaccini per limitarne la diffusione. Quindi, sebbene gli scienziati siano preoccupati, perché ogni nuovo fenomeno virale è preoccupante, non sono in preda al panico.
A differenza del SARS-CoV-2, che si diffonde attraverso minuscole goccioline trasportate dall’aria, chiamate aerosol, si pensa che il vaiolo delle scimmie si diffonda attraverso il contatto con i fluidi corporei, come la saliva prodotta dalla tosse. Ciò significa che una persona affetta da vaiolo delle scimmie rischia di infettare un numero molto inferiore di contatti stretti rispetto a una persona affetta da SARS-CoV-2. Entrambi i virus possono causare sintomi simili a quelli dell’influenza, ma il vaiolo delle scimmie provoca anche l’ingrossamento dei linfonodi e, talvolta, la comparsa di lesioni piene di liquido sul viso, sulle mani e sui piedi. La maggior parte delle persone guarisce dal vaiolo delle scimmie in poche settimane senza trattamento.
«A differenza del SARS-CoV-2, un virus a RNA in rapida evoluzione le cui varianti hanno regolarmente eluso l’immunità da vaccini e infezioni precedenti, il vaiolo delle scimmie è causato da un virus a DNA relativamente grande», spiega ancora Nature. «I virus a DNA sono più abili nel rilevare e riparare le mutazioni rispetto ai virus a RNA, il che significa che è improbabile che il virus del vaiolo delle scimmie sia improvvisamente mutato per diventare abile nella trasmissione da uomo a uomo».
Tuttavia, il fatto che il vaiolo delle scimmie sia stato individuato in persone che non avevano alcun legame apparente tra loro suggerisce che il virus potrebbe essersi diffuso silenziosamente, il che è un fatto preoccupante. Infatti, a differenza della SARS-CoV-2, che come ormai sappiamo può diffondersi senza che si manifestino sintomi, il vaiolo delle scimmie di solito non passa inosservato quando infetta una persona, in parte a causa delle lesioni cutanee che provoca. La possibilità che si diffonda in modo asintomatico renderebbe il virus più difficile da rintracciare.
Gli scienziati prestano attenzione al vaiolo delle scimmie sin da quando, negli anni ’70, si è conclusa la campagna di eradicazione del vaiolo. Una volta che il vaiolo non era più una minaccia grazie alla diffusione dei vaccini in tutto il mondo, i funzionari della sanità pubblica hanno smesso di raccomandare l’inoculazione del vaccino.
Da allora si sono verificati alcuni focolai di vaiolo delle scimmie. La Repubblica Democratica del Congo, ad esempio, è alle prese con il virus da decenni e la Nigeria sta vivendo un’ampia epidemia, con oltre 500 casi sospetti e più di 200 confermati, dal 2017, quando il Paese ha segnalato il primo caso in circa 40 anni. Anche gli Stati Uniti hanno registrato un’epidemia nel 2003, quando un carico di roditori provenienti dal Ghana ha diffuso il virus tra i cani dell’Illinois, infettando più di 70 persone.
Le autorità sanitarie non sono impreparate contro il vaiolo delle scimmie. Diversi paesi mantengono una scorta di vaccini contro il vaiolo, oltre a un trattamento antivirale che si ritiene altamente efficace contro il virus. L’Italia conserva una scorta di 5 milioni di dosi di vaccino, spiega Repubblica, che possono diventare 25 milioni se diluite.
(Foto di Martin Olsen su Unsplash)
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