Ha generato una certa preoccupazione il rilevamento, nei giorni scorsi, di casi di epatite in 169 bambini in vari paesi, principalmente europei, ma concentrati per lo più nel Regno Unito.

«L’epatite comune – spiega il Post –, che esiste in varie forme, è una malattia che attacca le cellule del fegato e che colpisce anche gli adulti. In genere è la conseguenza di un’infezione virale, ma può anche essere causata dall’esposizione a determinate sostanze, dall’eccessivo consumo di alcol o da certe patologie genetiche. Esistono cinque varietà di epatite virale, note con le lettere dalla A fino alla E. Da alcune epatiti si può guarire senza che lascino tracce rilevanti, altre hanno invece effetti più duraturi e gravi».

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) è intervenuta sulla questione il 23 aprile con un comunicato pubblicato sul suo sito web, in cui spiega ciò che si sa finora e quali saranno i prossimi passi.

Innanzitutto, spiega l’Oms, non è ancora chiaro se ci sia stato un effettivo aumento dei casi di epatite o un aumento della loro individuazione. Una dinamica che conosciamo bene, visto che in alcune fasi della pandemia si è verificato qualcosa di simile, con il numero di casi di coronavirus rilevati che aumentava o diminuiva anche a seconda del numero di test effettuati tra la popolazione. In molti dei casi di epatite in questione è stata rilevata la presenza dell’adenovirus, un virus piuttosto comune che normalmente crea malattie lievi con sintomi simili al raffreddore, oltre a vomito e diarrea. Tali sintomi sono compatibili con quelli riscontrati tra i bambini colpiti dai casi di epatite, ma la gravità di alcuni di essi pone dei dubbi sul fatto che l’adenovirus sia l’unico fattore scatenante. Per l’Oms resta una tra le possibili ipotesi, ma le indagini sono in corso.

I casi rilevati sono distribuiti tra Regno Unito (114), Spagna (13), Israele (12), Stati Uniti d’America (9), Danimarca (6), Irlanda (<5), Paesi Bassi (4), Italia (4), Norvegia (2), Francia (2), Romania (1) e Belgio (1). I minori coinvolti sono di età compresa tra 1 mese e 16 anni. In 17 casi è stato necessario il trapianto di fegato, ed è stato registrato almeno un decesso.

L’Oms descrive nel dettaglio la patologia e i sintomi riportati: si tratta di un’epatite acuta con enzimi del fegato molto elevati. In molti casi sono stati riportati sintomi gastrointestinali tra cui dolore addominale, diarrea e vomito che hanno preceduto la presentazione della malattia. Nella maggior parte dei casi non c’era febbre. I virus comuni che causano l’epatite virale acuta (virus dell’epatite A, B, C, D ed E) non sono stati rilevati in nessuno di questi casi. I viaggi internazionali o i collegamenti con altri paesi, sulla base delle informazioni attualmente in possesso dell’Oms, non sono stati identificati come fattori.

La presenza di adenovirus è stata rilevata in almeno 74 casi. In una ventina di casi c’era anche una co-infezione da SARS-CoV-2. L’adenovirus, come dicevamo, non spiega del tutto la gravità del quadro clinico rilevato. «Gli adenovirus sono agenti patogeni comuni che di solito causano infezioni limitate – spiega l’Oms –. Si diffondono da persona a persona e comunemente causano malattie respiratorie ma, a seconda del tipo, possono anche causare altre malattie come la gastroenterite (infiammazione dello stomaco o dell’intestino), congiuntivite e cistite (infezione della vescica). Ci sono più di 50 tipi di adenovirus immunologicamente distinti che possono causare infezioni nell’uomo. L’Adenovirus tipo 41 si presenta tipicamente come diarrea, vomito e febbre, spesso accompagnati da sintomi respiratori. Mentre ci sono stati rapporti di casi di epatite in bambini immunocompromessi con infezione da adenovirus, l’adenovirus tipo 41 non è noto per essere una causa di epatite in bambini sani».

Ulteriori indagini sono in corso, oltre al monitoraggio costante della situazione, ma al momento almeno una cosa si può escludere con una certa sicurezza, ossia che ci possa essere una correlazione tra questi casi di epatite e i vaccini contro il COVID-19: «Le ipotesi relative agli effetti collaterali dei vaccini COVID-19 non sono attualmente supportate in quanto la grande maggioranza dei bambini colpiti non è stata vaccinata».

(Foto di Annie Spratt su Unsplash)

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