La continua necessità di sbrigare questioni urgenti, ma non importanti, ci distoglie dal concentrarci sulle questioni importanti, ma non urgenti. È una massima derivata dal sistema di produttività di Dwight D. Eisenhower, presidente degli Stati Uniti dal 1953 al 1961. Un articolo di Oliver Burkeman, pubblicato sul Guardian e tradotto da Internazionale, riprende l’assunto e lo applica alla realtà di oggi. Di seguito un estratto dell’articolo.
All’epoca in cui i presidenti americani non passavano letteralmente tutte le loro ore di veglia a soddisfare il proprio appetito per la crudeltà e i cheeseburger, Dwight Eisenhower propose una teoria sulla gestione del tempo che in seguito sarebbe diventata un classico e sarebbe stata chiamata Matrice di Eisenhower (se avete letto anche un solo capitolo di un libro sulla produttività, l’avrete sicuramente incontrata).
Quello che dice, in sostanza è che ogni possibile attività è urgente o no, importante o no. Il compito più impegnativo della nostra vita è trovare il tempo per le cose importanti che non sono urgenti, anche se abbiamo la sensazione che possono aspettare, e lasciar perdere le cose urgenti che non sono importanti, anche se ci sembra che non possano aspettare.
Sebbene Eisenhower abbia ideato anche la Nasa, per capire il concetto non ci vuole un ingegnere spaziale.
Una vita di banalità
Siamo portati a occuparci delle cose urgenti perché tendono a essere più semplici e lineari e perché ci danno una soddisfazione immediata, come per esempio fare contento il nostro capo o andare a pagare l’affitto del prossimo mese, invece che realizzare i nostri sogni o impegnarci per un futuro migliore. Senza contare che è piacevole farle subito, perché ci libera dalla fastidiosa sensazione di avere sempre qualcosa in sospeso, anche se, continuando a comportarci così, il risultato che otteniamo è una vita fatta di banalità.
Ma uno studio pubblicato di recente dal Journal of Consumer Research conferma quello che ho sempre sospettato: quando c’è un’urgenza, tendiamo a essere ancora meno razionali di quanto immaginasse Eisenhower. Gli autori dello studio hanno ipotizzato situazioni in cui tutte le giustificazioni per scegliere un’azione urgente invece di una importante – livello di difficoltà, immediatezza della soddisfazione e così via – erano state eliminate, e hanno scoperto che i soggetti continuavano comunque a preferire l’attività più urgente.
È una finta urgenza, ma funziona: se non ci sbrighiamo non troveremo più quegli oggetti inutili venduti in sconto
In altre parole, anche se una delle cose che dobbiamo fare non è la più semplice, e non è il modo migliore per fare contento il nostro capo o per risolvere un nostro problema economico – insomma, anche se non c’è altro motivo per occuparcene subito a parte il fatto che qualcuno ci ha convinti che è “urgente” – la bilancia pende sempre in suo favore.
Quando si tratta di stabilire delle priorità, siamo come il bersaglio di quelle subdole pubblicità che vogliono venderci piatti commemorativi dei matrimoni reali o affettatori di avocado elettrici, che sono scontati solo per un periodo limitato di tempo. È una finta urgenza, ma funziona: se non ci sbrighiamo non li troveremo più! Non li volevamo o non ne avevamo bisogno? Non fa niente! Dobbiamo sbrigarci!
Continua a leggere sul sito di Internazionale
(Foto di Veri Ivanova su Unsplash)