Tobin tax. Questo nome si ripete da mesi sulle colonne dei giornali italiani e stranieri; i telegiornali di tutto il mondo raccolgono dichiarazioni dei capi di Stato in merito all’opportunità di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie ispirata al modello del premio Nobel James Tobin. Anche noi di ZeroNegativo abbiamo fatto la nostra parte, parlandone in un post estivo, cui ne seguirono altri.
E fummo a dir poco profetici, a guardare il video che ha ispirato l’articolo che state leggendo. Scrivevamo infatti che «La Tobin tax è una di quelle cose che, come auspicava Einstein, si potrebbe spiegare anche alla nonna». Le immagini dimostrano che la nostra classe politica è messa peggio della nonna di Einstein. Il servizio delle Iene, andato in onda su Italia 1 il 26 gennaio, mostra infatti una disarmante ignoranza del concetto da parte degli intervistati.
Il pezzo di Sabrina Nobile parte in maniera volutamente rassicurante, con i primi due intervistati (Carlo Monai, Idv, e Roberto Rosso, Pdl) che, in poche semplici parole, dimostrano di conoscere la materia e da dove derivi il nome della tassa. Ma subito dopo si apre il sipario su un vuoto imbarazzante, fatto di risposte evasive, fantasiose, talvolta maleducate e aggressive, o su placide ammissioni d’ignoranza. Come quella di Maria Grazia Laganà Fortugno (Pd): «Di volta in volta cerchiamo di studiare quello che andiamo a fare». Strategia attendista. Una cosa per volta, che fretta c’è.
Luciano Mario Sardelli (Pli), prima di divincolarsi dalla presa della giornalista si lascia sfuggire che tanto «lo sappiamo, è la tassa sull’energia». Falso, ovviamente. Segue un «Dài, vai a fare altro», come se la Nobile fosse lì per passare il tempo, non per svolgere il proprio lavoro, cosa che gli intervistati mostrano di fare con una certa autoindulgenza. Franco Narducci (Pd) si sente addirittura offeso dalla domanda: «Ma lei vuole farmi l’esame. Ma la vuole finire o no? Ma roba da matti». Infatti, roba da matti, che razza di idee, fare domande sulla politica a un politico. Non va meglio con Angelo Cera (Udc), che per togliersi dall’impiccio anticipa la domanda: «Non devi rompere le palle!». Sempre al servizio del cittadino.
Beatrice Lorenzin (Pdl) la butta sul ridere e rileva che «questa è una domanda molto difficile». Ciò che a noi risulta sempre più difficile è mantenere il sorriso, di fronte a uno spettacolo del genere. Siegfried Brugger (Svp) cerca di sfruttare a suo favore la distanza linguistica dall’italiano, per cui «adesso io non so la traduzione di Tobin in italiano». Difficile tradurre un cognome in effetti. Germanà (Pdl) non rilascia dichiarazioni, meglio tacere. Al contrario di Giorgio Merlo (Pd), che si ostina a ripetere come un mantra «Introdurre elementi di equità», senza aggiungere altro. Poi lascia la giornalista in attesa qualche minuto promettendo ulteriori spiegazioni, ma dopo una lunga telefonata prende e se ne va.
Giuseppe Catoni (Parlamento mondiale per la sicurezza e la pace) si trascina per alcuni minuti in un vano tentativo di risposta, che termina con una laconica definizione di Tobin tax come «Un brutto atteggiamento». Già, un po’ come quello che i genitori cercano di dissuadere i figli dal tenere: «Smettila con questa Tobin tax, altrimenti niente scooter a fine anno».
“Tobin” peraltro è descritta da Catoni come una parola “tecnica”. Come tutto in Italia, ormai. Anche gli intervistati, che sono tecnicamente dei rappresentanti dei cittadini. Ci chiediamo quale cittadino si senta rappresentato da persone che parlano (e decidono) di argomenti che non conoscono. Confidiamo nel fatto che il pur nutrito gruppo di malcapitati non sia rappresentativo dell’intero Parlamento, altrimenti ci sarebbe poco da stare tranquilli. Forse si tratta di un’improvvisa amnesia, frutto dei consistenti tagli alla cultura approvati dal precedente governo. Tagli che invece puntualmente vengono rinviati per quanto riguarda i costi della politica. Se proprio non si possono ridurre -e se proprio non è possibile avere un ricambio di persone-, almeno proponiamo una legge che preveda l’obbligo di investire una parte dell’indennità parlamentare in corsi di formazione in cittadinanza consapevole, educazione civica, economia, diritto.