Da qualche giorno si parla, con sempre più insistenza (mai troppa comunque), di riduzione dei costi della politica. Si susseguono relazioni e proposte per fare risparmiare alla macchina dello Stato (e quindi ai cittadini) miliardi di euro. Almeno uno, secondo Roberto Perotti, economista che già abbiamo citato parlando dei costi della Corte costituzionale. Il suo studio, pubblicato su Lavoce.info, fa il conto delle spese legate direttamente agli organi legislativi ed elettivi (quindi senza tenere conto dei costi dell’esecutivo e dell’amministrazione -ministeri, giunte regionali, dirigenti dei ministeri e delle giunte regionali- e di quelli connessi agli innumerevoli enti controllati da Stato, regioni e province), stimate in 2,5 miliardi di euro, e spiega come si possa abbassare notevolmente questa cifra con dieci proposte.
Visto che non le vedremo mai pubblicate dai grandi gruppi editoriali, vale la pena riprendere brevemente l’elenco, che prevede: 1) riduzione del 30 per cento dell’indennità parlamentare; 2) sul rimborso delle spese dei parlamentari si propongono due strade: a) mantenere la diaria ma abolire i contributi ai gruppi parlamentari, i rimborsi elettorali e i viaggi gratis, oppure b) abolire la diaria e qualsiasi spesa a forfait, introducendo un tetto massimo alle spese rimborsabili, purché documentate; 3) ridurre i parlamentari a 500; 4) ridurre le retribuzioni del personale dipendente della Camera dopo i 10 anni di anzianità a causa della progressione fortissima degli stipendi; 5) ridurre per questi ultimi le pensioni troppo alte generate dal sistema retributivo; 6) ridurre e razionalizzare le spese per locazioni e acquisto di beni e servizi alla Camera, oggi fatte a prezzi fuori mercato. Le ultime quattro proposte riguardano le regioni: 7) dimezzare il numero dei consiglieri; 8) ridurre l’indennità ai consiglieri; 9) eliminare i contributi ai gruppi consiliari (spesso usati per clientelismo e corruzione); 10) anche qui, razionalizzare le spese per l’acquisto di beni e servizi. Queste in breve le attuabilissime proposte, che vi invitiamo a leggere in maniera dettagliata nell’articolo da cui sono tratte.
Un altro studio sui costi della politica intesi in senso più ampio è stato presentato dal segretario della Uil Luigi Angeletti. Secondo il dossier, il costo complessivo che grava sulla società è di 23,2 miliardi euro per il funzionamento degli organi istituzionali, l’1,5 per cento del pil. Si rileva inoltre che in Italia vivono di politica (direttamente o indirettamente) 1 milione e 100mila persone, il 5 per cento di tutti gli occupati. Con un costo per ogni cittadino di 386 euro, se si divide per tutti gli abitanti, e di 757 euro se si tiene invece conto solo di quelli che pagano l’Irpef. La proposta del segretario è di fare risparmiare quasi un terzo delle spese complessive, tagliando 7,1 miliardi di euro, da destinare all’alleggerimento delle imposte sul lavoro. Rimandiamo all’articolo del Corriere per i dettagli, e qui ci limitiamo a osservare che, in un momento in cui è piuttosto sterile stare a guardare il “colore” di chi fa le proposte, il presidente del Consiglio Enrico Letta farebbe bene a prendere in considerazione tutti questi studi e utilizzarli, come più volte promesso, per mettere mano in maniera seria e organica ai conti pubblici.
A queste proposte aggiungiamo quella di Michele Oricchio, procuratore regionale della Corte dei Conti per la Basilicata, che constata come sia impossibile parlare di revisione della spesa pubblica senza passare per una semplificazione del sistema amministrativo che riduca i livelli di governo e i centri di spesa, con un «drastico ridimensionamento delle regioni e dei loro apparati. […] Si impongono scelte chiare e responsabili, che ben potranno essere individuate in sede di Commissione per la revisione della spesa, ma necessitano anche di una coraggiosa revisione della Costituzione con un serio ripensamento della riforma del titolo V avvenuta nel 2001».