«L’Italia è una Repubblica democratica fondata sulla nazionale di calcio. Ogni cittadino o cittadina ha diritto per nascita al titolo di commissario tecnico della nazionale, che esercita entro i limiti previsti dalla legge». Dopo le recenti imprese della nazionale italiana di calcio, e i conseguenti commenti letti e ascoltati un po’ dappertutto, proponiamo una riforma della Costituzione affinché il primo articolo sia modificato nel modo appena esposto. Battute a parte, la realtà è che alla fine il Ct lo si fa uno per volta, e colui che unanimemente è stato considerato il principale responsabile della mancata qualificazione a Russia 2018 è rimasto al suo posto fino a poche ore fa. O meglio finché qualcuno non ha deciso di esonerarlo.
Niente dimissioni immediate, come avevano fatto due suoi recenti predecessori, Marcello Lippi e Cesare Prandelli. Ma Giampiero (o Gian Piero? la questione è aperta) Ventura è in buona compagnia, visto che nemmeno colui che, risalendo la linea di responsabilità, avrebbe dovuto immediatamente rassegnare le proprie dimissioni, cioè il presidente della Figc Carlo Tavecchio, sembra intenzionato a farlo. La dichiarazione definitiva su tutta la vicenda l’ha rilasciata il presidente del Napoli Calcio, Aurelio De Laurentiis: «La Nazionale si commenta da sola. Tavecchio è il grande responsabile di questa disfatta, ha mantenuto un bravo allenatore che io avevo esonerato dopo tre mesi in Serie C. Se uno gioca col 4-2-4 non può far giocare Insigne che gioca nel 4-3-3. Utilizzando i vari gioielli fuori ruolo fai un danno, perché a livello internazionale non appaiono come dovrebbero e da vetrina positiva la nazionale si trasforma in vetrina negativa. Se fossi Tavecchio, la prima cosa che farei sarebbe quella di dimettermi. Ma dovrebbe dimettersi anche Uva e persino il Coni ha delle responsabilità, perché non si può passare da Conte a Ventura senza batter ciglio».
C’è voluto un inviato delle Iene per realizzare ciò che la maggior parte degli italiani avrebbe voluto fare: andare dritto da Ventura e chiedergli: «Ma insomma, si dimette o no?». Il risultato è un servizio di circa tre minuti, in cui il Ct della nazionale alla fine cede e risponde sì all’ennesima ripetizione della domanda. Ma è un sì utile solo a liberarsi della iena di turno, come precisa poi la Gazzetta. Nessuna intenzione di lasciare l’incarico da parte di Ventura, che durante la conferenza stampa a fine partita aveva detto che prima c’erano da valutare «un’infinità di cose». Forse pensava alle clausole contrattuali per le quali non gli conveniva proprio rinunciare alla panchina in anticipo rispetto agli accordi. Con l’esonero, può stare certo che continuerà a ricevere quanto previsto dal contratto. Ma lasciamo perdere questi aspetti, per concentrarci su una parola che, su tutt’altro argomento, evocavamo nel post di qualche giorno fa, ossia dignità.
Non ce l’abbiamo solo con Ventura, che ci ha messo la faccia e a modo suo ci ha provato, seppure facendo degli errori riconosciuti un po’ da tutti. Certo poteva evitare, in un momento del genere, di sottolineare che il suo è uno degli score migliori degli ultimi quarant’anni, con sole due partite perse (in realtà sono tre) dall’inizio dell’incarico. Un po’ come condurre una nave contro gli scogli in pieno giorno e poi, mentre quella sta ancora affondando, sottolineare che comunque fino a quel momento il viaggio era andato ottimamente. A proposito di dignità, altrettanto (e forse più) gravi sono le mancate dimissioni di Tavecchio dunque. Non una sorpresa, per uno che si è distinto fin da prima della sua nomina a presidente della Figc per alcune dichiarazioni non proprio sportive nei confronti di giocatori stranieri e donne nel calcio. Riprendendo in parte l’incipit dell’articolo linkato, che risale al 2014, potremmo rivederlo così: è banale dirlo, ma in un altro Paese uno come Carlo Tavecchio non potrebbe più entrare in uno stadio. Tocca rassegnarsi al fatto che sia una trasmissione come le Iene – alla quale Avis è particolarmente sensibile negli ultimi tempi – a mettere sotto gli occhi di tutti le contraddizioni dell’Italia, con una domanda che milioni di italiani si pongono da un paio di giorni: ma ve ne andate o no?
Come al solito nel nostro Paese il confine tra satira e realtà è molto labile. Per chiudere, non suonano nemmeno così strampalati gli ultimi titoli di Lercio: Tavecchio ottimista: «Se la Corea del Nord bombarda la Svezia, da regolamento siamo ripescati»; Ventura: «Non andremo in Russia per protesta sui diritti civili».
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