C’è un passo della Medea di Seneca che spesso viene citato in maniera incompleta. Questa la sua formulazione così come compare nella tragedia: «Cui prodest scelus, is fecit». Che nella traduzione del vocabolario Treccani significa: «Il delitto l’ha commesso colui al quale esso giova». È uno di quei concetti talmente universali da essere sempre attuali, ma è anche una maniera sottile per andare oltre certe giustificazioni con cui in molti responsabili cercano (da irresponsabili) di lavarsi le mani da ciò che li riguarda. Nel post di oggi vogliamo provare a fare un elenco (per forza di cose incompleto) delle tante questioni aperte nel nostro Paese (e anche fuori), sulla cui responsabilità sembra impossibile mettersi d’accordo, perché ogni persona indicata punta immediatamente il dito verso qualcun altro (o magari solleva proprio le spalle, come a dire “è andata così, rassegniamoci”). Per ricollegarci a un discorso che stiamo portando avanti da alcune settimane, la riflessione probabilmente è stata innescata dalla vicenda relativa all’ex presidente della Figc Carlo Tavecchio, e alle sue tardive dimissioni.
Cui prodest scelus, is fecit nel caso delle tante denunce per molestie sessuali che stanno venendo a galla negli ultimi tempi. Come scrive Claudia Torrisi su ValigiaBlu, «Attorno agli uomini potenti che nelle ultime settimane in giro per il mondo sono stati accusati di molestie sessuali c’è un sistema che per anni ha consentito loro di non far venire fuori queste storie». Quanti si sono avvantaggiati nel coprire le molestie? Come possono queste persone sentirsi libere, camminare a testa alta, quando su di loro grava una colpa così grande come quella di aver coperto abusi e minacce?
Cui prodest scelus, is fecit anche nel caso di un’altra locuzione latina, entrata nel linguaggio giuridico italiano, ossia lo ius soli (e ius culturæ). Una riforma giusta, che avrebbe solo ricadute positive sulla qualità della nostra convivenza civile. Convivenza che non è una scelta, ma un fenomeno inevitabile col quale dobbiamo fare i conti: e allora perché non impegnarsi di più per eliminare il più possibile le barriere burocratiche che si ostinano a non dare ufficialità a situazioni di fatto già in essere? C’è chi usa argomenti contrari allo ius soli (anche la non approvazione di una norma, e il non agire in generale, è una scelta che implica delle responsabilità) per ottenere consensi, facendo leva sulle paure e la rabbia delle persone, che in questi anni sono aumentate a livelli preoccupanti. C’è poi chi avrebbe i numeri e il tempo per fare qualcosa, ma lo evita in vista di calcoli politici e soprattutto elettorali.
Restando in tema d’immigrazione, Cui prodest scelus, is fecit vale anche per un’Europa, che sta gestendo il problema degli sbarchi in maniera militarista, con una difesa dei confini (invece che delle persone) che sta causando numerose vittime. Si fanno accordi bilaterali con Paesi che è un eufemismo definire “politicamente instabili” (come la Libia), condannando chi ci transita, prima di proseguire verso il mare, alla prigione, alle torture, alla schiavitù. Così si possono sfoggiare statistiche che dicono che negli ultimi mesi gli sbarchi sono diminuiti. Ma visto che i problemi di tanti Paesi, soprattutto africani, non si sono risolti nel giro di una notte, viene da chiedersi che fine stiano facendo tutte le persone che non stanno riuscendo a imbarcarsi.
Cui prodest scelus, is fecit per il gioco d’azzardo, con cui lo Stato raccoglie tasse e distribuisce in cambio problemi e ludopatie. Mentre regioni ed enti locali tentano di porre un freno, almeno sul loro territorio, al dilagare del gioco legale, lo Stato si limita a denunciare la perdita causata da «mancate entrate erariali». A volte è difficile stabilire cui prodest, perché non si riesce proprio a capire quale tipo di calcolo possa giustificare certe scelte, o il differimento all’infinito di alcuni atti che il Paese chiede da tempo. Citiamo dunque altre quattro questioni aperte, stavolta utilizzando volutamente la formula “monca” della locuzione latina, in forma di domanda: cui prodest?
Cui prodest la non approvazione della legge sul biotestamento? Quale tipo di ritorno (d’immagine? di voti?) può giustificare la mancata approvazione di una legge su cui la società civile è già anni luce avanti rispetto alla politica? Cui prodest il fatto di avere approvato una legge contro la tortura “annacquata” nei suoi punti salienti? Cui prodest avere risparmiato pochi milioni di euro (che non sono quasi nulla nel bilancio di uno Stato) pur di non stabilizzare i precari dell’Afam (Alta formazione artistica e musicale), tra le cui file ci sono professionisti che da decenni lavorano per istruire artisti e creativi di domani? Cui prodest la situazione imbarazzante in cui versa la ricerca in Italia? Sono solo domande, giusto per sapere, non sarà certo la nostra voce a cambiare le cose. Ma se tutti avessero la coscienza pulita, avrebbero anche le risposte: due elementi che evidentemente non possono coesistere nelle stesse persone.
(Foto di Emily Morter su Unsplash)