Da tempo il mondo del non profit si interroga sull’opportunità di inserire tra le sue logiche organizzative elementi mutuati dal mondo profit. Se ne è parlato, in particolare, nel corso del quarto Festival del Fundraising, che si è da poco concluso a Castrocaro: «Le organizzazioni del non profit fanno cose eccellenti con pochissime risorse. Ma per crescere e raggiungere davvero gli obiettivi che sono la loro ragion d’essere hanno bisogno di più libertà». Parola di Valerio Melandri, ideatore e direttore del festival, che da tempo invoca un raggio d’azione più ampio per i progetti delle associazioni dalle colonne della sua rubrica “Fundream”, sul settimanale Vita. «Se avete il coraggio di organizzare un evento, anche solo da 50mila euro -scrive Melandri nel giornale che andrà in edicola venerdì- che però non produca un ritorno sugli investimenti del 75% la sera stessa, subito inizieranno i malumori e qualcuno comincerà a dire che siete disonesti, spreconi e via dicendo. Spesso le organizzazioni non profit si paralizzano davanti all’opportunità di intraprendere un’iniziativa nuova, imprevedibile e coraggiosa che potrebbe generare dei ricavi perché temono, in caso di fallimento, di venire crocifissi dai media a causa delle alte spese sostenute e di distruggere la propria reputazione».

L’Avis, in questo senso, non fa eccezione, anche se, più che puntare ai ricavi, la nostra associazione ha come obiettivo quello di fare un donatore in più. Attività che si percepisce in maniera ancor più netta a livello locale, dove noi delle sezioni comunali siamo abituati a operare direttamente sul territorio, a parlare con le persone, a tornare dalle manifestazioni con il bottino più prezioso, quello dei moduli d’iscrizione compilati dagli aspiranti nuovi donatori. Poi ci sono i progetti ad ampio respiro, come questo blog, il giornale, la newsletter, le campagne di comunicazione, e il “Diario di bordo” che accompagna e completa il cartone animato Navis –ne abbiamo parlato qualche tempo fa-. Un progetto realizzato grazie ai proventi del cinque per mille sui redditi 2008, sul cui impiego abbiamo dato conto in maniera ampia e completa qualche settimana fa. Insomma, se in altre realtà del volontariato c’è più pudore nel comunicare ciò che si fa con i soldi guadagnati da iniziative di fundraising, noi di Avis Legnano possiamo dire di avere sempre operato nella massima trasparenza, e con progetti non sempre legati a un immediato riscontro, ma segnati dalla capacità di osare, di immaginare una società diversa e provare a innescare le dinamiche per realizzarla.

E diremo di più: la gestione dell’unità di raccolta dell’Avis di Legnano è basata da molti anni anche su logiche profit. Grazie alla presidenza di Cristina Rossi, le mansioni quotidiane sono state messe in mano a professionisti regolarmente retribuiti (affiancati dai ragazzi del servizio civile), in grado di assicurare un servizio puntuale e continuo, e di rendere la sezione un punto di riferimento affidabile nei confronti delle istituzioni e delle strutture sanitarie. Con questo non puntiamo a sostenere che siamo più bravi degli altri. Ma abbiamo avuto il coraggio di fare delle scelte, e queste hanno pagato. Quindi, per ricollegarci al dibattito in corso nel mondo del non profit, possiamo portare la nostra esperienza positiva. Integrare logiche profit nella gestione di una onlus non equivale a sporcarsi la coscienza, a perdere di vista la propria mission o tradire le aspettative dei soci. Significa invece, se fatto in maniera sana, saper prendere il meglio da ogni esperienza e integrarlo nella propria opera quotidiana, per rinnovare ogni giorno il proprio modo di dare un contributo alla costruzione della società che abbiamo in mente.