Si sono concretizzati i dubbi che nutrivamo in merito alla chiarezza dell’opzione che permette di versare il 5 per mille “alla cultura”. Nei nostri interventi contestavamo l’impossibilità per il cittadino di specificare nome e codice fiscale dell’ente a cui assegnare la propria donazione. Ma d’altra parte mancavano le basi per inserire questa possibilità, visto che l’elenco dei possibili destinatari è stato pubblicato solo ora. In questo modo, per il 2013 c’è almeno una lista. Ma a guardarla bene, bisogna ammettere che la vaghezza della campagna ministeriale ha avuto esito positivo, visto che sono risultati idonei solo quindici enti. Un po’ pochini per un’opportunità del genere, immaginiamo quindi che la possibilità di candidarsi sia sfumata per moltissimi soggetti che o non ne hanno avuto il tempo, o non sono risultati idonei per questioni procedurali o il rispetto di alcuni parametri.
Così, nell’elenco leggiamo nomi importanti (come il Fondo ambiente italiano), ma anche illustri sconosciuti. Il risultato sarà che probabilmente la gran parte delle risorse finirà nelle casse del Ministero della cultura, e viene da pensare che non sia un caso. La perplessità verso l’atteggiamento di questa classe politica verso i beni culturali emerge in questi giorni dalle parole di Salvatore Settis, in due articoli apparsi su La Repubblica, pezzo firmato dall’archeologo, e su Left, dove questi viene invece intervistato. Settis se la prende con l’attuale ministro Lorenzo Ornaghi, che a suo dire non si discosta dal suo predecessore nel governo precedente in quanto a mitezza dell’impegno in contrasto ai tagli imposti al dicastero e a vaghezza delle politiche adottate.
«Sarà meglio non rispondere nemmeno al direttore degli Uffizi -scrive con sarcasmo Settis-, anzi bastonarlo se si accorge che il suo stipendio è un decimo di quello dei suoi colleghi americani e un ventesimo di quello di un deputato (italiano) che vende il voto al miglior offerente. […] Vituperio su alunni, insegnanti e genitori che vorrebbero una scuola pubblica funzionante, e osano ricordare che secondo la Costituzione (art. 33) scuole e università private, compresa la Cattolica di cui Ornaghi è stato rettore fino a un mese fa, hanno piena libertà ma “senza oneri per lo Stato”». E ancora: «Per troppo tempo abbiamo sperato che la destra “colta e pulita” del governo Monti segnasse un progresso rispetto alla destra becera e incolta dei governi Berlusconi, ma almeno in questo caso non è così. Sarà forse per carità cristiana, ma certo Ornaghi ha voluto dimostrare urbi et orbi che il povero Bondi non era, dopotutto, il peggior ministro possibile. Bisogna ammetterlo, ce l’ha fatta».
Così Settis su Repubblica. Su Left si sofferma invece sulla capacità, che egli vede nei cittadini italiani, di indignarsi di fronte a questo svilimento della cosa pubblica: «Penso che i cittadini siano sempre meno indifferenti. C’è una grande sensibilità che sta crescendo. Nonostante questo, il sacco dell’Italia è evidente. Perciò credo sia molto importante collegare il saccheggio al patrimonio culturale e al paesaggio con tutte le altre forme di saccheggio a cui stiamo assistendo, con l’economia di rapina che sta proliferando a spese dello Stato e delle istituzioni pubbliche. Dobbiamo reagire. Avendo la consapevolezza che l’assalto al patrimonio culturale, così come quello a diritti come la salute e il lavoro, insieme all’assalto alle proprietà pubbliche o al demanio, sono parte di uno stesso disegno di smontaggio dello Stato; un disegno che ha il “piccolo difetto” di essere completamente illegale. Oltreché contrario all’interesse della generalità dei cittadini». Quindi come la dobbiamo chiamare questa iniziativa di depistaggio delle risorse del 5 per mille? La parola che viene in mente è “sabotaggio”.