Mentre c’è chi invoca Gino Strada come prossimo presidente della repubblica, l’associazione che questi ha fondato 19 anni fa con lo scopo di portare assistenza sanitaria nei luoghi del mondo in cui si concentrano povertà e guerre, decide di intensificare la propria presenza in un Paese che sta vivendo una situazione particolarmente difficile: l’Italia. Emergency è presente nel nostro Paese fin dal 2006, quando aprì un poliambulatorio a Palermo aperto a «migranti, con o senza permesso di soggiorno, e a tutti coloro che ne abbiano bisogno», si legge sul sito internet. Viste le statistiche sulla povertà in Italia, l’associazione ha pensato bene che sia il caso di essere ancora più presente e garantire accesso gratuito alle cure per tutti. Per questo ha lanciato una campagna di raccolta fondi per finanziare il “Programma Italia”, rifacendosi all’articolo 32 della Costituzione: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti».
La constatazione è appunto che «È un diritto sancito dalla Costituzione eppure, anche nel nostro Paese, ci sono persone che non riescono ad avere le cure di cui hanno bisogno». Facile pensare subito a migranti, persone in grave stato di indigenza o non autosufficienti, a condizioni di estrema povertà insomma. Il quadro però è un po’ diverso e la soglia di rinuncia alle cure mediche per problemi economici va alzandosi, fino a coprire anche le famiglie in cui un reddito c’è, ma non basta. «Per il Censis, oltre 9 milioni di italiani non hanno avuto accesso a cure mediche nel 2011 per ragioni economiche. Secondo il rapporto Oasi 2012 dell’Università Bocconi presentato a metà marzo dalla Fiaso (Federazione delle Asl italiane), i ticket sui farmaci sono aumentati del 40 per cento. Confcommercio registra 615 nuovi poveri al giorno nel dossier rilasciato il 22 marzo scorso. Secondo il rapporto Istat-Cnel sul benessere equo e sostenibile rilasciato l’11 marzo scorso, negli ultimi cinque anni, la già grave deprivazione in cui versano le famiglie italiane è cresciuta di oltre 4 punti percentuali, passando dal 6,9 all’11,1 per cento».
L’accesso alle cure è sempre meno universale grazie anche all’aumento spropositato dei ticket sanitari iniziato la scorsa estate. Nel 2012 gli italiani hanno speso quasi 4 miliardi e mezzo in prestazioni mediche all’interno di strutture del Servizio sanitario nazionale (Ssn) e nell’acquisto di farmaci, con un trend in crescita rispetto agli anni precedenti. Sta per entrare in vigore dell’ultima manovra di Tremonti, a causa della quale «sono in arrivo altri 2 miliardi di euro da reperire con la compartecipazione alla spesa sanitaria da parte dei cittadini». Cittadinanzattiva definisce efficacemente il ticket come «un tassello verso lo smantellamento del servizio pubblico». E in effetti, oltre a minare il principio dell’universalità delle cure, si arriva in alcuni casi al paradosso per cui il ricorso a strutture private viene a costare meno al cittadino rispetto all’accesso al Ssn. Tra l’altro non si vede la legittimazione di tale continua esazione visto che, fa notare sempre Cittadinanzattiva, «il Ssn è una voce di spesa del pil pari al 7,1 per cento, ma produce, sempre in termini di pil, circa il 12 per cento. Come si può quindi dire che sia insostenibile?». Un altro tassello nell’intricatissimo puzzle che il prossimo governo dovrà in qualche modo ricomporre.