A un primo sguardo, tutto porterebbe a pensare che l’Italia sia in Europa. Guardando le carte geografiche non ci sono dubbi. Leggere la storia del continente non può che confermarlo, dato che siamo addirittura tra i fondatori dell’Unione Europea. È l’attualità che disorienta. Il perché è molto semplice, è un esercizio che si può fare quotidianamente. Si prendono i principali giornali in uscita in edicola e si confrontano le diverse sezioni che li compongono. Da una pagina all’altra, la posizione dell’Italia cambia continuamente: dentro l’Unione quando c’è da chiedere ai cittadini sacrifici perché «l’Europa ce lo impone», fuori dall’Ue quando non riusciamo a ratificare la convenzione Onu sulla tortura; dentro l’Europa quando ci rifiutiamo di stabilire accordi bilaterali con la Svizzera per il rientro dei capitali italiani depositati nelle banche elvetiche -«Bisogna trovare una soluzione condivisa con gli altri componenti dell’Unione»; ma allora perché Francia e Germania si sono già attrezzate?-; fuori dall’Europa quando dopo 12 anni non siamo ancora riusciti a dare pieno seguito alla Convenzione di Strasburgo sulla corruzione.
È un continuo passare al di qua e al di là del confine. Ci si mette l’abito buono quando le istituzioni comunitarie ci guardano, e si torna alla canotta macchiata di unto quando le telecamere si spengono. Ci impegniamo nelle prossime settimane a monitorare giorno per giorno il modo in cui i nostri giornali si occupano della questione, per provare a capire esattamente dove sta andando (se si sta muovendo) il nostro Paese. Vogliamo essere pronti, nel caso dovesse arrivare un ufo sulla terra, a spiegare all’omino verde come stanno le cose. Perché prima o poi, fatte le dovute premesse e contestualizzazioni storiche, se è una forma di vita intelligente ci chiederà: «E quindi? Siete dentro o fuori dall’Europa?». Ma anche lasciando perdere i problemi di socializzazione, una spiegazione è importante darla a noi stessi.
Se anche fossero esagerati, per stare sull’ultimo degli esempi proposti, i costi stimati della corruzione italiana, valutati in 60 miliardi di euro dal Saet (Servizio anticorruzione e trasparenza) del Dipartimento della funzione pubblica (una commissione comunitaria ha infatti calcolato essere di 120 miliardi l’entità del danno economico della corruzione per l’intera Europa: difficile che in Italia si concentri il 50 per cento dell’intero giro economico della corruzione europea); se anche fosse esagerata la cifra, dicevamo, dovremmo chiederci come mai il processo per arrivare alla ratifica della convenzione sia stato così lento e difficoltoso. Fin dalla campagna elettorale del 2008 le forze politiche hanno messo tra i primi posti della propria agenda di (eventuale) governo l’approvazione della legge, salvo poi puntualmente lasciare che si arenasse nelle sabbie mobili del dibattito parlamentare, mentre altre questioni, in nome di un’urgenza tutta da dimostrare, prendevano la via rapida della decretazione.
Si è dovuto attendere il governo tecnico per arrivare al voto in aula. Eppure l’ha ripetuto più volte la Corte dei conti (uno dei pochi organi che ancora nessuno è riuscito a definire “politicizzato”, ma mai dire mai) nelle sue relazioni, e il suo presidente Luigi Giampaolino ha ricordato nell’intervento di inaugurazione dell’anno giudiziario 2012 come il risultato di questo ritardo sia che «ogni anno lo Stato perde tra costi della corruzione ed evasione fiscale (spesso collegata alla prima) un’ingente quantità di denaro». La stessa cosa afferma il Gruppo di Stati del Consiglio d’Europa contro la corruzione (Greco) in un rapporto pubblicato a Strasburgo l’11 aprile. Il gruppo sottolinea la necessità per l’Italia di ratificare la Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d’Europa, con i relativi protocolli addizionali, in modo che siano pienamente integrati nel diritto nazionale e diventino legge dello Stato. L’Italia, rileva il rapporto, è uno dei pochissimi Stati membri del Consiglio d’Europa che non si serve ancora di questi strumenti. Quindi, dentro o fuori dall’Europa?
Link:
Dentro o fuori dall’Europa? (parte seconda) | Fiscal compact
Dentro o fuori dall’Europa? (parte terza) | Immigrazione
[…] tutte queste cifre (il rapporto si può consultare qui) all’interno del nostro piccolo dossier “Dentro o fuori dall’Europa?” che abbiamo proposto mesi fa e che di fatto non è mai finito, visto che una risposta ancora non […]
[…] rapporto si può consultare qui all’interno del nostro piccolo dossier “Dentro o fuori dall’Europa?” con le proposte di Save The Children: ”3 milioni e mezzo di euro di debito pubblico a […]