Il 28 agosto è stata una giornata esemplare per la nostra mini-guida (anche se di solito una guida aiuta a ritrovarsi, noi ci sentiamo sempre più smarriti) sul rapporto tra Italia e Unione europea. Le prime pagine di tutti i principali giornali assegnavano gli spazi più importanti a due notizie. La prima era la bocciatura da parte della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo della legge 40 del 2004, che regola la procreazione assistita; l’altra riguardava quella che il presidente del Consiglio Mario Monti definiva la «road map per uscire dalla crisi», come scriveva Repubblica: «“L’autunno sarà caldo, ma contiamo di farcela”, è la linea che concorda con il ministro Enzo Moavero all’ultimo briefing di Palazzo Chigi. La road map del Professore, e in parallelo quella dell’Unione, fa tremare i polsi. Ieri sera l’incontro con il presidente della Commissione Ue Barroso, oggi il bilaterale con la Cancelliera, il 4 settembre il faccia a faccia a Roma con il presidente francese Hollande, il 6 settembre il Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea, il 12 settembre la sentenza della Corte di Karlsruhe sul Fondo salva-Stati, il 13 le elezioni in Olanda, il 14 l’Eurogruppo e l’Ecofin. Quasi un bollettino di guerra. La missione è temibile, ma non impossibile. Si tratta di “riannodare i fili di una trama che non può essere interrotta“. Quella del salvataggio dell’euro (e contemporaneamente del rilancio dell’integrazione politica dell’Unione) e quella del salvataggio dell’Italia (e specularmente della stabilizzazione economica del Paese)».
Così l’attacco dell’articolo, che più avanti proseguiva con una dichiarazione dello stesso Monti, riferita ai rapporti tra Italia e Germania: «Il nostro alleato più importante è proprio la Merkel. Dunque, dobbiamo prima di tutto convincerla che noi i compiti a casa li stiamo facendo e li continueremo a fare. Dobbiamo garantirle la nostra determinazione a mettere in sicurezza il nostro bilancio pubblico, e poi affidarci alla sua capacità di esercitare la leadership che tutti le riconosciamo». Insomma, dentro l’Europa, ma composti e ubbidienti, da bravi scolari.
Poi l’altra faccia della medaglia, quella della legge 40, che «prevede che le coppie fertili ma portatrici di malattie genetiche gravi non possano accedere alla pma (procreazione medicalmente assistita, ndr) e quindi non possano tentare attraverso un esame diagnostico sull’embrione di avere un figlio sano». La sentenza è molto chiara: «Per i giudici di Strasburgo il sistema normativo italiano è “incoerente”, poiché esiste già un’altra legge (la 194) che consente l’aborto terapeutico se il feto è affetto da quella stessa malattia (quelle geneticamente trasmissibili, ndr). La Corte ha così rifiutato la posizione del governo italiano secondo il quale tra gli obiettivi principali della legge c’era quello di difendere la libertà di coscienza dei medici ed evitare una selezione eugenetica».
Questo tipo di limitazione esiste solo in Italia, Austria e Svizzera. Ma c’è un altro motivo per cui questa sentenza ci fa sentire ancora più fuori dall’Europa, e lasciamo che sia Guido Rossi, con un passaggio del suo articolo uscito domenica scorsa sul Sole 24 Ore, a spiegarlo: «Dopo un intervento del Cardinale Bagnasco, che ha bollato la sentenza della Corte come un illegittimo superamento della magistratura italiana, il ministro Balduzzi ha dichiarato che probabilmente il Governo italiano proporrà ricorso. Non affronto, ovviamente, nel merito il tema, che esige ben altri approfondimenti, nel doveroso rispetto della diversità di opinioni e di fedi che riguardano l’origine della vita, ma mi limito a una considerazione di legittimità. L’atteggiamento dell’esecutivo in tal caso parrebbe assai singolare: eterodiretto dall’Europa sui programmi economici, contrario però all’Europa sui diritti umani».