Dopo la decisione del governo di chiudere tutte le scuole fino al 3 aprile per contenere la diffusione del coronavirus (2019-nCoV), gli istituti si stanno attrezzando per garantire la didattica a distanza. Le lezioni online sono uno strumento buono per non interrompere del tutto la didattica, e le decisioni cautelative del governo non sono da mettere in discussione. Tuttavia, l’insegnamento da remoto non è in grado di sostituire pienamente quello in presenza. E anche qui, come sempre succede quando si applicano limitazioni così pesanti, sono i più fragili a rimetterci. Per ragazze e ragazzi con disabilità, o che non parlano bene l’italiano, o vivono in contesti particolarmente disagiati, o sono semplicemente più timidi e introversi di altri, la mancanza di un rapporto diretto con gli insegnanti e con i compagni è un limite più pesante rispetto agli altri. Ma i problemi non si limitano a questo.
I limiti tecnici
Come fa notare un articolo uscito su Redattore Sociale, in Italia c’è un problema di capillarità delle connessioni domestiche a internet e di presenza di computer nelle case: «Secondo i dati Istat dell’anno scorso, oltre il 27 per cento delle famiglie con uno o più figli minori non ha un collegamento a banda larga fisso a casa. E nelle famiglie con più figli, o quando i genitori stanno lavorando da casa, potrebbe esserci la necessità di dividersi un unico computer». I limiti riguardano anche la capacità degli insegnanti di utilizzare gli strumenti digitali per offrire un servizio didattico adeguato: «L’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società della Commissione Europea rivela che in Italia solo il 20 per cento degli insegnanti ha seguito corsi formativi in materia di alfabetizzazione digitale. Secondo WeSchool, il 20 per cento dei docenti italiani è in grado di insegnare a distanza, il 40 per cento vorrebbe imparare a farlo e il restante 40 per cento è contrario».
I consigli di Dario Ianes
Dario Ianes, docente di pedagogia speciale e didattica speciale all’università di Bolzano e fondatore delle edizioni Erickson di Trento, ha condiviso alcuni consigli che a suo parere potrebbero rendere più inclusiva la didattica a distanza. Questa, come dicevamo, tende ad amplificare le disuguaglianze anche perché, osserva Ianes, «carica sul contesto familiare una serie di incombenze, facendo affidamento sulle possibilità dei genitori». Per quanto riguarda in particolare gli studenti con disabilità, l’aspetto relazionale diventa fondamentale nel loro percorso di apprendimento e di crescita. Ecco quindi i consigli di Ianes su come migliorare la situazione, pur rispettando i limiti imposti dalla situazione straordinaria che stiamo vivendo.
- «Un primo modo, secondo Ianes, potrebbe essere “quello suggerito da un gruppo di genitori di ragazzi con autismo e dal Ciis: il personale di assistenza alla comunicazione e all’autonomia potrebbe andare a domicilio, per svolgere attività domiciliari ma anche esterne”».
- «Il secondo suggerimento di Ianes è rivolto agli insegnanti, perché “costruiscano coppie o terne di ragazzi che stiano intorno al ragazzo con disabilità e lo aiutino a studiare, senza caricare questa incombenza sui genitori».
- «“Se fossi un dirigente – spiega Ianes – chiederei a tutti i docenti di sostegno di telefonare alle famiglie degli studenti disabili, o meglio ancora di andarle a trovare, per esaminare insieme il Pei, fare il punto della situazione e pensare a come attuarlo. In questo modo, questa può diventare l’occasione per approfondire la conoscenza e la collaborazione, rinforzando il ponte necessario tra scuola e famiglia”».
- «La quarta indicazione riguarda il materiale della didattica a distanza: “Immagino che gli insegnanti curricolare, tutti presi da questo nuovo impegno di produrre materiale per i loro alunni, dimenticheranno quelli che hanno bisogni speciali. É necessario che, con l’aiuto dell’insegnante di sostegno, mettano a punto materiale personalizzato».
- «L’ultimo suggerimento si chiama feedback. “Per gli studenti disabili, è importante il feedback continuo: e in questo la didattica a distanza può essere perfino d’aiuto. Suggerisco quindi agli insegnanti di trovare un modo per dare tempestivo riscontro agli studenti con bisogni speciali,dal momento che gli altri studenti non hanno la necessità di un feedback immediato”».
(Foto di Ivan Aleksic su Unsplash)