Da anni siamo circondati da spettacoli che hanno al centro il cibo. Il semiologo Gianfranco Marrone, nel libro Dopo la cena allo stesso modo. Dieci anni di immaginario gastronomico, traccia i contorni di questa epoca di gastromania, profetizzandone la fine e il ritorno (o un nuovo inizio) verso un rapporto più autentico col cibo. Un estratto dell’articolo di Eleonora Lombardo pubblicato su Doppiozero.

È da tempo che non si guarda in faccia il piatto per chiedergli la verità, per apprendere se il contadino è ricco o povero e quanto vino ha l’oste in cantina, per conoscere gli umori di chi ha cucinato, se triste o felice, per sapere, con sontuosa aderenza etimologica, se ha sapore, se il sale sala e soprattutto quanto sazierà e delizierà il palato.

Tutta colpa della gastromania, un’esplosione di cuochi d’artificio che ha scomposto tutto, persino il cannolo conservatore, che ha destrutturato la zuppa del contadino e sferificato lo Spritrz; Masterchef, l’anno zero della nuova vita, prima un proliferare di cuochi timidi e riservati, bruttini e provinciali, dopo solo Cracco, Cracco, Cracco; ante Masterchef fanciulli con aspirazioni da astronauta, post Masterchef alla Bocconi si è preferita l’Accademia di Pollenzo; ante Masterchef la cucina, il sapore di aglio e le lacrime delle cipolle erano roba da donne, da massaia, da cuoca, post Masterchef, quando lo spignattatore si è eretto a giudice e la cucina è diventata il regno del potere, improvvisamente se ne sono appropriati gli uomini. Gastromania e il mondo in fila a Expò 2015 per parlare delle cavallette fritte e vivere lo spettacolo mirabolante del cibo che si fa circo. Cucine risuonanti di sifoni e cannelli, forni silenti e tv sempre accese e lo chef cerca la ribalta, avanza in prima fila e dalla sala arriva sul palcoscenico e ancora fino alla tribuna politica.

Di gastromania e, soprattutto, di post-gastromania racconta il libro del semiologo Gianfranco Marrone Dopo la cena allo stesso modo. Dieci anni di immaginario gastronomico, edito da Torri del Vento, una raccolta di articoli che profetizzano la fine dell’invasione barbarica di cuochi star e infernali, il passaggio che dalle Cucine da incubo ci lascia nelle braccia rassicuranti di Cannavacciuolo, la fine del cibo spettacolo per lasciare il posto a un po’ di sana e buona verità. Un libro acuto, ironico, pieno di intuizioni felici, ma soprattutto di letture precise che mettono a nudo la società italiana, provincia dell’impero, alle prese con una moda ossessiva, quella per “il discorso sul cibo” – e non per il cibo – che ha investito il Paese negli ultimi dieci anni, un auspicio di ritorno al buon senso.

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(Foto di Louis Hansel su Unsplash)